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Nati in dicembre

Compleanni in punta di penna

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1 dicembre 1944

DANIEL PENNAC

Cominciamo dall’epilogo: la mamma, quasi centenaria, guarda un film su un autore che conosce bene. Si vede l’autore a casa sua, a Parigi, circondato dai suoi libri, nella sua biblioteca che è anche il suo studio. La finestra dà sul cortile di una scuola. Baccano della ricreazione. Si viene a sapere che per un quarto di secolo l’autore ha esercitato la professione di insegnante e che ha scelto questo appartamento affacciato sui cortili di due scuole un po’ come un ferroviere che andasse in pensione sopra una stazione di smistamento. Poi si vede l’autore in Spagna, in Italia, intento a chiacchierare con i suoi traduttori, a scherzare con gli amici veneziani, e sull’altopiano del Vercors a camminare solitario nella foschia delle vette, parlando di lavoro, di lingua, stile, struttura romanzesca, personaggi…

(da: Diario di scuola)

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2 dicembre 1948

T. C. BOYLE

Quando alla fine il Beverly B. si inclinò su un’onda grande come un continente e poi sprofondò scomparendo alla vista, annaspò per sottrarsi al vortice che aprì dietro di sé e si ritrovò ancora una volta a macinare acqua. Le onde la afferravano e la lasciavano cadere, la sollevavano e la lasciavano cadere. Era sola. Abbandonata. La barca era andata, Till e Warren erano andati. Sentiva dentro di sé come un battito d’ali, il panico, il suo stesso panico che la sferzava con un colpo al petto bruciante e improvviso, che sparì altrettanto rapidamente, e poi di nuovo a macinare acqua e continuò a macinare acqua per qualche istante di eternità finché le braccia non ebbero più forza. 

(da: Gli amici degli animali)

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3 dicembre 1953

PATRICK CHAMOISEAU

Una delle ricchezze piú fragili e anche piú preziose dell’identità, personale o collettiva, è il fatto che si sviluppa e rafforza in maniera continua (e infatti non incontriamo mai modelli identitari fissi). Ma anche che l’identità non saprebbe affermarsi né consolidarsi a partire da regole, prescrizioni o leggi che ne fondassero d’autorità la natura o ne garantissero a forza l’immutabilità. Il principio di identità si realizza o derealizza producendo a volte fasi di regressione (la perdita del sentimento di sé), a volte di patologia (l’esasperazione di un sentimento collettivo di superiorità). Rispetto a queste fasi, neanche le relative “guarigioni” rivelerebbero delle decisioni elaborate, definite, e poi meccanicamente applicate.

(da: Quando cadono i muri)

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4 dicembre 1880 - 5 marzo 1975

EMILIO LUSSU

Mussolini faceva l‘imperialista e scriveva articoli veementi sul suo giornale. Ma allora, egli era molto impopolare fra i combattenti. Al congresso degli ex combattenti italiani, che i primi reduci avevano tenuto al Campidoglio verso la fine del 1918, egli non poté neppure parlare. Si ritenevano molto equivoche le fonti del suo giornale e gli si rimproverava di aver voluto la guerra con ostinazione, ma di averla fatta con discrezione. Né, per i combattenti, era scusante la famosa ferita che, una volta curata, non doveva dispensare un interventista dagli obblighi della trincea. C’era, fra i combattenti tutti, il più grande disprezzo verso quegli uomini politici che avevano predicato ma non fatto la guerra.

(da: Marcia su Roma e dintorni)

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6 dicembre 1942

PETER HANDKE

Da quando una volta, per quasi un anno, era vissuto immaginando di aver perso il linguaggio, per lo scrittore ogni frase che scriveva e con la quale avvertiva anche la spinta alla possibile prosecuzione era diventata un avvenimento. Ogni parola che, non parlata, bensì in forma di scrittura, annunciava la prossima, gli faceva tirare un sospiro di sollievo e lo ricollegava al mondo; soltanto con questo felice annotare per lui cominciava il giorno, e poi, così comunque pensava, fino al mattino seguente poteva anche non accadergli più nulla.

(da: Pomeriggio di uno scrittore)

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7 dicembre 1873 - 24 aprile 1947

WILLA CATHER

La prima volta che incontrai Myra Henshawe avevo quindici anni, ma era da quando avevo memoria che ne sentivo parlare. Lei e la sua fuga da casa per sposarsi erano uno degli argomenti più interessanti, anzi l’unico interessante, di cui si parlava nella nostra famiglia, in vacanza o a cena. Mia madre e le mie zie erano ancora in contatto con Myra Driscoll, come la chiamavano loro, e zia Lydia ogni tanto andava a trovarla a New York. Tra le amiche della loro fanciullezza era stata la più brillante e attraente, e la sua vita era stata interessante e varia quanto la nostra scorreva monotona.

(da: Il mio mortale nemico)

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9 dicembre 1930 - 18 maggio 2010

EDOARDO SANGUINETI

Per una rosa

 

                                per Sandro Pertini
 

chi ha resistito, gli è fiorito il cuore,
rosa dei rossi fuochi partigiani:
questo è colore per le nostre aurore,
è il caldo sole nel giusto domani:
sbocciato è il giorno, e la notte era nera,
ma se rigido fu l’inverno, prima,
fiorì di rose rossa primavera,
e la rosa risplende sulla cima:

(da: Il gatto lupesco)

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11 dicembre 1952

ANDREA DE CARLO

La prima volta che ho visto Guido Laremi eravamo tutti e due così magri e perplessi, così provvisori nelle nostre vite da stare a guardare come spettatori mentre quello che ci succedeva entrava a far parte del passato, schiacciato senza la minima prospettiva. Il ricordo che ho del nostro primo incontro è in realtà una ricostruzione, fatta di dettagli cancellati e aggiunti e modificati per liberare un solo episodio dal tessuto di episodi insignificanti a cui apparteneva allora.

(da: Due di due)

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12 dicembre 1960 - 7 gennaio 2022

VITALIANO TREVISAN

È un fatto che, con la scomparsa della casa, ma soprattutto della stanza della mia infanzia, con quanto in essa contenuto nell’esatta disposizione, è cessata in me l’esistenza, attraverso un processo di teoria e di prassi, del concetto stesso di casa. La parola casa, e piú ancora la parola stanza, sono diventate parole neutre. Mai piú, avevo pensato allora, sarò posseduto da una casa o una stanza o una cosa o un sistema di cose, nel senso in cui sono stato posseduto dalla casa, ma soprattutto dalla stanza, della mia infanzia, con quanto in essa contenuto nell’esatta disposizione. 

(da: Shorts)

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15 dicembre 1896 - 17 gennaio 1972

BETTY SMITH

L'unico albero del cortile di Francie non era né un pino né un abete. Aveva foglie acuminate che crescevano lungo i rami verdi che si irradiavano dal tronco, e appariva come formato da grandi ombrelli verdi aperti, sovrapposti. Alcuni lo chiamavano l'Albero del Paradiso. Ovunque cadessero i suoi semi, ne nascevano alberi che cercavano di toccare il cielo. Cresceva sui terreni chiusi da palizzate e su quelli abbandonati ed era l''unico albero che germogliasse sul cemento. Cresceva rigoglioso, ma soltanto nei quartieri popolari.

(da: Un albero cresce a Brooklyn)

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16 dicembre 1775 - 18 luglio 1817

JANE AUSTEN

È cosa nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie.
E benché poco sia dato sapere delle vere inclinazioni e dei proponimenti di chi per la prima volta venga a trovarsi in un ambiente sconosciuto, accade tuttavia che tale convinzione sia così saldamente radicata nelle menti dei suoi nuovi vicini da indurli a considerarlo fin da quel momento legittimo appannaggio dell’una o dell’altra delle loro figlie.

(da: Orgoglio e pregiudizio)

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17 dicembre 1928 - 11 aprile 2004

CESARE GARBOLI

Ognuno ha i suoi classici. O, forse, ciascuno ha un «suo» classico: un compagno di veglia, un segreto e inseparabile interlocutore. Non un maestro, ma un alleato. Sulle sue immagini, e magari sulle sue deformità, misuriamo quasi senza saperlo, quasi senza volerlo, la nostra personale lettura del mondo. Un classico al quale dedichiamo, frequentandolo, forse minore cura, minore studio che ad altri, tanto sono solidali e fraterni i rapporti che abbiamo stabilito con lui. Ebbene, questo classico personale, privato, famigliare, simile alla vecchia e affumicata specchiera dell’ingresso di casa che ci restituisce ingranditi i nostri piccoli pensieri, più vaste le nostre modeste emozioni, è nel mio caso Molière. E sono così abituato ad amare Molière, che, se ci penso, ho perfino cessato di meravigliarmi del suo talento.

(da: Tartufo)

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19 dicembre 1861 - 13 settembre 1928

ITALO SVEVO

Subito, con le prime parole che le rivolse, volle avvisarla che non intendeva compromettersi in una relazione troppo seria. Parlò cioè a un dipresso così: – T’amo molto e per il tuo bene desidero ci si metta d’accordo di andare molto cauti. – La parola era tanto prudente ch’era difficile di crederla detta per amore altrui, e un po’ più franca avrebbe dovuto suonare così: – Mi piaci molto, ma nella mia vita non potrai essere giammai più importante di un giocattolo. Ho altri doveri io, la mia carriera la mia famiglia.

(da: Senilità)

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19 dicembre 1936 - 14 giugno 2022

ABRAHAM YEHOSHUA

Alle quattro del mattino il cellulare riprende vita. Anche se è una sveglia dimenticata dal giorno prima, Noga non interrompe la malinconica suoneria, inserita dall’amico flautista che non voleva essere dimenticato durante questo suo lungo soggiorno in Israele. Quando finalmente ricade il silenzio, Noga non si raggomitola nel plaid a quadri dei suoi genitori per riprendere il sonno interrotto ma, manovrando con delicatezza le leve del letto elettrico, solleva la testa per osservare, ancora distesa, il cielo pallido di Gerusalemme, alla ricerca del pianeta al quale deve il proprio nome.

(da: La comparsa)

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19 dicembre 1954

TIM PARKS

Tra le parole che si riferiscono a entità inventate, probabilmente la più importante è “sé”. Forse auspichiamo l’esistenza del sé, ma esiste davvero? E che cos’è? La necessità di rafforzare il concetto con altre parole – identità, carattere, personalità, anima – tutte con referenti altrettanto dubbi, la dice lunga sulla nostra volontà di crederci. Più parole inventiamo più ci rassicuriamo all’idea che ci stiamo davvero riferendo a qualcosa.

(da: Di cosa parliamo quando parliamo di libri)

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20 dicembre 1956

FULVIO ABBATE

Il lungomare era già così malridotto al tempo in cui sono nato, quindi non posso dire d’averlo conosciuto quando ancora c’erano le aiuole e i lampioni stavano ritti. Mio nonno, però, lui sì, di sicuro l’ha sorvolato almeno una volta in monoplano, lo stesso velivolo che guida in una fotografia che gli scattarono nel ’15. Una foto di sogno, per usare il termine esatto, eseguita da un professionista nello studio. Sul fondale dipinto si mostra monte Pellegrino, s’intravedono le guglie irte della cattedrale e cupole, terrazze, e volute di altri edifici non soltanto sacri.

(da: Zero maggio a Palermo)

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21 dicembre 1892 - 15 marzo 1983

REBECCA WEST

Salì precipitosamente verso l’apparecchio il sorprendente volto del nemico del mondo: boschi di pini su collinette, lucidi laghi grigioverde, troppo piccoli per poter essere mai altro che lisci, giardini alti di fagioli borlotti lingua di fuoco, campi striati di frumento, villaggi dai tetti rossastri con ripidi spioventi e chiese dai campanili a zucca che nessun architetto di più di sette anni avrebbe mai disegnato. Un altro minuto, e il velivolo piombò nel cuore del nemico del mondo: Norimberga. 

(da: Serra con ciclamini)

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23 dicembre 1896 - 26 luglio 1957

GIUSEPPE TOMASI DA LAMPEDUSA

“Nunc et in hora mortis nostrae. Amen.”

La recita quotidiana del Rosario era finita. Durante mezz’ora la voce pacata del Principe aveva ricordato i Misteri Dolorosi; durante mezz’ora altre voci, frammiste avevano tessuto un brusio ondeggiante sul quale si erano distaccati i fiori d’oro di parole inconsuete: amore, verginità, morte; e mentre durava quel brusio il salone rococò sembrava aver mutato aspetto; financo i pappagalli che spiegavano le ali iridate sulla seta del parato erano apparsi intimiditi; perfino la Maddalena, fra le due finestre, era sembrata una penitente anziché una bella biondona, svagata in chissà quali sogni, come la si vedeva sempre.

(da: Il Gattopardo)

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24 dicembre 1920 - 5 agosto 2002

FRANCO LUCENTINI

Il martedì di giugno in cui fu assassinato, l’architetto Garrone guardò l’ora molte volte. Aveva cominciato aprendo gli occhi nell’oscurità fonda della sua camera, dove la finestra ben tappata non lasciava filtrare il minimo raggio. Mentre la sua mano, maldestra per impazienza, risaliva lungo le anse del cordoncino cercando l’interruttore, l’architetto era stato preso dalla paura irragionevole che fosse tardissimo, che l’ora della telefonata fosse già passata. Ma non erano ancora le nove, aveva visto con stupore; per lui, che di solito dormiva fino alle dieci e oltre, era un chiaro sintomo di nervosismo, di apprensione.

Calma, s’era raccomandato.

(da: La donna della domenica)

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26 dicembre 1891 - 7 giugno 1980

HENRY MILLER

Mentre scrivo scende la sera e la gente si prepara per la cena. È stata una giornata grigia, come se ne vedono spesso a Parigi. Facendo un giro dell’isolato per rinfrescarmi le idee non ho potuto fare a meno di pensare al netto contrasto tra le due città, New York e Parigi. Stessa ora, stesso tipo di giornata, eppure l’aggettivo grigia che mi ha suggerito l’associazione mentale ha poco in comune con quel gris che all’orecchio di un francese evoca tutto un mondo di sensazioni e pensieri. Molto tempo fa, camminando per le strade di Parigi, osservando gli acquerelli esposti nelle vetrine delle gallerie d’arte, notavo immancabilmente l’assenza del cosiddetto grigio di Payne. Ne parlo perché, come tutti sanno, Parigi è una città prevalentemente grigia. 

(da: Giorni tranquilli a Clichy)

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26 dicembre 1955

MICHELE MARI

L’Accademia mi ha convocato nella Sala del Camino, alla mezzanotte di ieri. C’erano tutti, credo, ma era troppo buio per vederli. Ha parlato solo Quello che Gorgoglia, e come temevo ha nuovamente sollecitato la mia autobiografia. Secondo loro sono cosí ambiguo e contorto che prima di decidere devono sapere qual è la mia ultimativa menzogna: «isshgioman’zo con chui ti chonshgedi», ha aggiunto Quello che Biascica. Prima di decidere. Il bello è che solo una settimana prima mi era stata chiesta la stessa cosa dall’altra Accademia, quella dei Ciechi della Cantina: quando ho domandato al loro emissario come avrebbero potuto leggerla, mi ha detto che hanno già chi gliela leggerà ad alta voce, e che dovrei sapere di chi si tratta.

(da: Leggenda privata)

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27 dicembre 1952

STEFANIA BERTOLA

Eccola qui. Eleonora ha ventisette anni, è chiara, ramata, grigioverde, azzurra. Maestra elementare per una sua bizzarra vocazione personale, ha rifiutato energicamente altri e piú prestigiosi percorsi di studio e carriera, e in questo preciso momento, mentre stacca un pezzo di lieve pizza con acciuga, ringrazia il cielo per questa scelta, che porta nelle casse di famiglia uno stipendio piccolo ma utilissimo. Se avesse dato retta a suo padre, adesso sarebbe praticante in uno studio legale, con uno stipendio ancora piú irrisorio, e la prospettiva di lunghi anni di nulla

(da: Ragione & sentimento)

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29 dicembre 1923 - 1 ottobre 2012

SHLOMO VENEZIA

Mi chiamo Shlomo Venezia. Sono nato a Salonicco, in Grecia, il 29 dicembre 1923. La mia famiglia dovette abbandonare la Spagna al momento dell’espulsione degli ebrei nel XV secolo ma, prima di stabilirsi in Grecia, i miei antenati si fermarono in Italia, per questo mi chiamo «Venezia». Gli ebrei provenienti dalla Spagna non usavano cognomi: si chiamavano, ad esempio, Isacco figlio di Salomone. Arrivati in Italia, prendevano il nome della città in cui vivevano. Per questa ragione molte famiglie ebraiche portano nomi di città. Nel nostro caso è quello che ci ha permesso di conservare la cittadinanza italiana.

(da: Sonderkommando Auschwitz)

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1 dicembre 1948

MARIANGELA CERRINO

Nell’aria grigia persisteva uno sfarfallio di neve. Radi fiocchi s’inabissavano nell’acqua della fonte al centro della radura. Le voci degli uomini erano distorte dal vento, che filava basso tra i pini neri e i larici, ingolfandosi nelle spaccature delle rocce.
Sbucarono dalla linea degli alberi. Guardinghi, una mano stretta all’impugnatura del gladio.
Ceidrac contò otto legionari, ma restò nascosto nell’anfratto senza perdere di vista il fratello Duiroc, che aveva una dozzina d’anni e la dote di azzuffarsi con chiunque senza valutare le possibilità di uscirne vivo. Ceidrac si portò quindi un dito alle labbra quando suo fratello si voltò implorandolo con lo sguardo, già pronto a balzare fuori.

(da: Absedium)

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2 dicembre 1958

GEORGE SAUNDERS

Il giorno delle nostre nozze io avevo quarantasei anni, lei sedici. Ebbene, so cosa state pensando: lui più vecchio (non magro, un po’ pelato, mezzo storpio, denti di legno) esercita il diritto coniugale, mortificando in tal modo la povera e giovane...
Ma è falso.
È appunto quel che rifiutai di fare, capite.
La notte delle nozze salii pesantemente le scale, rosso in faccia per l’alcol e le danze, e la trovai abbigliata con una vesticciola trasparente che una zia l’aveva costretta a indossare, il colletto di seta svolazzante per l’agitazione... e mi mancò il coraggio.

(da: Lincoln nel Bardo)

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3 dicembre 1954 - 21 luglio 2013

UGO RICCARELLI

La casa dei ferrovieri se ne stava piantata in mezzo a un fascio di binari, neanche fosse un capostazione. Aveva un unico grande portone e una sfilata di finestre bianche che a Delmo ricordavano una dentiera. L’ultima a destra era della sua camera da letto e quella mattina era l’unica spalancata, un buco nero che la faceva sembrare un dente mancante, o una carie appena visibile per lo spessore di una nebbia infame, densa come l’orzata che adesso inondava tutta la stazione impedendo quasi di vedere la torcia del Passi mentre segnalava lo scambio.

Delmo estrasse dal taschino l’orologio per controllare la puntualità del diretto che di lì a un minuto sarebbe dovuto sbucare dalla curva oltre la roggia, rompendo con il suo sferragliare l’incanto del galleggiare nella dolcezza di quella bevanda opaca.

(da: L'amore graffia il mondo)

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5 dicembre 1932 - 2 dicembre 2014

GIAMPAOLO RUGARLI

Un bambino precipitò da un settimo piano e andò a sfracellarsi al suolo. Accadde alcuni anni fa, pochi giorni prima delle festività natalizie. E accadde nello stabile dove io e mia moglie Irene abitavamo da non so quanto tempo: un condominio che aveva un nome ambizioso: “Le Colonne d’Ercole” lo avevano chiamato, ed era al passo con gli ultimi ritrovati della tecnica, ma esteriormente aveva l’aspetto di un castello antico: più muri che finestre, pietre a vista, una fortezza piuttosto che una casa.

«Hai sentito?» domandò mia moglie rincasando. Aveva l’aria un po’ trafelata, ma lei è sempre così, con il suo visetto indecifrabile e la sua aria metà dolce e metà aspra.

«Sentito che cosa?» replicai con circospezione.

«Il botto. Un quarto d’ora fa. Un terribile botto.»

(da: Manuale di solitudine)

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6 dicembre 1956

ARTHUR GOLDEN

Quando avevo sei o sette anni, appresi qualcosa su mio padre che fino a quel momento avevo ignorato. Un giorno gli chiesi: «Papà, perché sei così vecchio?» Nel sentire quelle parole lui inarcò le sopracciglia, che assunsero la forma di piccoli ombrelli spioventi. Poi si lasciò sfuggire un lungo sospiro, scosse la testa e disse: «Non lo so». Quando mi girai verso mia madre, vidi nei suoi occhi uno sguardo che stava a significare che mi avrebbe risposto lei in un altro momento. Il giorno seguente, senza dire una parola, mia madre mi condusse giù per la collina, in direzione del villaggio, poi prendemmo un sentiero fra i boschi che portava al cimitero.

(da: Memorie di una geisha)

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8 dicembre 1955

PINO CACUCCI

Sono passati tanti anni, e a quei giorni ho ripensato spesso, ma solo adesso riesco a valutarne l'importanza, ben più profonda di quanto credessi allora. Nel 1987 passavo buona parte del mio tempo in Messico, anche se si era ormai incrinata la convinzione di poter restare là per sempre. Avevo avuto bisogno di sbattere il muso su tanti muri prima di capire che quel paese, cioè le sue genti, mi reinsegnava lentamente a stare al mondo, che significava continuare a muoversi, non fermarsi a lasciare che la vita si sciogliesse nel nulla di tanti giorni apparentemente facili e piani.

(da: Un po' per amore, un po' per rabbia)

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9 dicembre 1948

GIOCONDA BELLI

Uno ci inganna e l’altro ci castiga. Dicono di essere nostri amici ma poi si contraddicono a vicenda. Se mangiare un frutto ci è costato questa punizione, cosa pensi che ci capiterà se uccidiamo delle creature viventi per nutrirci? Io non voglio uccidere nessuno, Adamo. Come faremo a sapere cosa possiamo uccidere e cosa no? Uccidere per nutrirci” ripeté ancora con aria disgustata e sbigottita. “Di chi è questa idea?”

(da: L'infinito nel palmo della mano)

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12 dicembre 1821 - 8 maggio 1880

GUSTAVE FLAUBERT

Giunti che furono in mezzo al corso, si calarono a un tempo sulla stessa panchina. Per tergersi il sudore, si tolsero i copricapi, li posero tra loro; e fu cosí che il piccolo poté leggere su quello del vicino il nome: Bouvard; mentre il vicino leggeva su quello dell’altro: Pécuchet. – To’, la stessa idea, abbiamo avuto! di mettere il nome sui nostri capelli! – Naturale! Qualcuno, all’ufficio, potrebbe per sbaglio prendersi il mio! – Anch’io lo stesso! Anch’io sono impiegato!
Allora si osservarono meglio.

(da: Bouvard e Pécuchet)

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12 dicembre 1969

GIUSEPPE GENNA

È un dolce presera italiano che va nel soffio tiepido e niente pare ora dentro il male e il soffio carezza le piane, e le catene dei colli, le rade e i valli del Paese che muore Italia. È un Paese che muore sui giornali, l’Italia, nella carta di pastastracci e senza collanti e umida di stampa dei quotidiani di giorno in giorno. Fatti politici oscuri che spaccano le leggi, incrinano la storia. Le istituzioni di getto avvolte nelle spire azzurrine delle fiamme, dell’ignominia, dell’immoralità. Imminenza di tragedia nazionale, la politica sbilanciata pronta al crollo, e il popolo diviso non era preparato a tutto questo dopo un decennio altrettanto cupo, con tante morti e fatti capitali, anni Settanta. 

(da: Dies irae)

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15 dicembre 1941 - 9 novembre 2018

BIJAN ZARMANDILI

Mi è mancato il respiro e sono stata tentata di seguire il mio desiderio impudico e irrefrenabile, l’avvelenata concupiscenza che mi possedeva. Il cuore mi batteva all’impazzata e ho sentito un terribile ronzio nelle orecchie. Esitavo ancora, ma quando mi stavo ormai chinando su di lui, con uno scatto repentino sono fuggita dalla stanza come chi tema l’arrivo di un terremoto, di un uragano.

(da: Storia di Sima)

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16 dicembre 1928 - 2 marzo 1982

PHILIP K. DICK

Peter Trilling restò in silente contemplazione mentre gli altri bambini giocavano nella polvere, di fianco alla veranda. Erano tutti presi dalla loro attività. Mary era intenta a impastare e modellare blocchetti di argilla marrone cavandone delle figure abbozzate. Noaks sudava sette camicie per starle dietro. Dave e Walter avevano già terminato la propria opera e si riposavano. D’un tratto, Mary gettò all’indietro i capelli corvini, inarcò il corpo slanciato e depositò in terra una capra di argilla.

(da: La città sostituita)

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17 dicembre 1963

JON K. STEFANSSON

A dire il vero è un’idiozia bella e buona sostenere di conoscere a fondo qualcuno, c’è sempre un angolo che resta buio, nell’ombra, a volte anche un intero edificio, comunque era sposata a un uomo relativamente giovane con un’influente posizione sociale, una colonna portante del paese, uno che aveva un ascendente sulle nostre vite, un’azienda senza speranza era rifiorita sotto la sua direzione e aveva pure fruttato, era un modello, un miraggio e un’ancora, ma poi si mette a sognare in latino, se ne va a sud a imparare la lingua, torna con uno sguardo nuovo e un anno dopo vende le automobili per pagare qualche vecchio libro. In confronto una caduta da cavallo è una sciocchezza, e per di più siamo solo all’inizio. 

(da: Luce d'estate ed è subito notte)

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19 dicembre 1910 - 15 aprile 1986

JEAN GENET

Non so se sia il loro volto, quello vero, a costellare il muro della mia cella di chiazze di fango diamantato, ma non può essere un caso che abbia ritagliato dalle riviste queste belle teste dagli occhi vuoti. Dico vuoti, perché sono tutti chiari e probabilmente di un azzurro cielo, simili al fil di lama cui s’impiglia una stella di luce trasparente, azzurri e vuoti come le finestre degli edifici in costruzione, da cui si vede il cielo attraverso le finestre della facciata opposta. Come quelle caserme, di mattina aperte a tutti i venti, che crediamo vuote e caste, mentre brulicano di maschi pericolosi, accasciati, gettati alla rinfusa sui loro letti.

(da: Notre-Dame des-Fleurs)

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19 dicembre 1938

JEAN-LOUIS FOURNIER

Ho immaginato la scena della vestizione. Fiori bianchi ovunque, gigli dal profumo inebriante, trionfale musica d’organo. Tu, radiosa come un tempo, prima in abito da sposa, poi vestita da religiosa, stesa a terra in segno di sottomissione a Dio.

Poi il tuo viso luminoso, i tuoi genitori vestiti a festa e piangenti, consapevoli di offrire a Dio il regalo più bello. Di dargli la cosa più bella che abbiamo fatto, il nostro capolavoro.

Cosa avevi in testa all’epoca? Pensavi seriamente di fare la religiosa o tastavi il terreno?

(da: La serva del Signore)

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20 dicembre 1838 - 12 ottobre 1926

EDWIN ABBOTT ABBOTT

Voi, che avete la fortuna di avere tanto l'ombra che la luce, voi che avete due occhi dotati della conoscenza prospettica e allietati dal godimento dei vari colori, voi che potete vederlo per davvero, un angolo, e contemplare l'intiera circonferenza di un Circolo nella beata regione delle Tre Dimensioni… come potrò mai render chiara a voi l'estrema difficoltà che incontriamo noi, in Flatlandia, per riconoscere le nostre rispettive configurazioni?

(da: Flatlandia)

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20 dicembre 1959

ROBERTO ALAJMO

 

Questa storia finisce con due ragazzini che camminano su una strada diritta.

Uno è più grande, già adolescente. Si chiama Calò.

L’altro, più piccolo, gli tiene la mano. Ogni tanto si volta a guardarlo con occhi d’ammirazione. Si chiama Kevin.

Camminano uno accanto all’altro ai margini della strada, fuori dalla carreggiata, su una striscia di terra coperta da sterpaglie secche. A destra la strada, a sinistra una pineta di quelle che nella Spagna del sud vengono piantate come argine alla desertificazione.

(da: Carne mia)

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21 dicembre 1917- 16 luglio 1985

HEINRICH BÖLL

Premio Nobel per la letteratura 1972

Non amava la guerra. La guerra ti richiedeva cose nuove. Non bastava più essere aggiunto giudiziario e dottore in legge, né avere un posto e la prospettiva di diventare presto pretore. Adesso tutti quanti gli guardavano il petto, quando tornava a casa. Aveva un petto decorato in modo miserevole. Mammina gli scriveva di riguardarsi, ma faceva nello stesso tempo allusioni che lo colpivano come punture di spillo.

(da: Dov'eri, Adamo?)

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23 dicembre 1955

FRANCESCO CATALUCCIO

Agli Uffizi ci si andava da bambini, alle domeniche. Non frequentando la nostra famiglia, nel giorno di festa, alcuna funzione religiosa, il babbo ci conduceva di mattina al rito laico dell’osservazione dei quadri, che precedeva quello pagano del primo pomeriggio alle partite di calcio della Fiorentina, nello Stadio di Campo di Marte, affollato di figure concave e convesse, progettate da Pier Luigi Nervi.

Verso le dieci, mentre la mamma (pessima cuoca) si industriava a preparare l’unico vero pranzo della settimana, nostro padre ci portava a visitare una sala, sempre diversa, a rotazione, della Galleria degli Uffizi.

(da: La memoria degli Uffizi)

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24 dicembre 1927 - 31 gennaio 2020

MARY HIGGINS CLARK

LA magnifica nave da crociera Queen Charlotte stava per lasciare l’ormeggio sul fiume Hudson per intraprendere il suo viaggio inaugurale. Pubblicizzata come una delle navi da crociera più belle mai realizzate, era stata paragonata alla Queen Mary e persino al Titanic, che aveva rappresentato l’apice del lusso cento anni prima.

Uno dopo l’altro i passeggeri salivano, si registravano e venivano invitati ad accomodarsi nel Grand Lounge, dove camerieri in guanti bianchi li accoglievano offrendo champagne. Quando anche l’ultimo ospite fu a bordo, il capitano Fairfax tenne un discorso di benvenuto.

(da: Sola sull'oceano)

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26 dicembre 1947

JEAN ECHENOZ

I tedeschi sono entrati in Moravia. Sono arrivati a cavallo, in macchina, in motocicletta, in camion ma anche in carrozza, seguiti da unità di fanteria e da colonne di rifornimento, poi da qualche semicingolato di piccola taglia e poco altro. È ancora presto per vedere i grandi Panzer Tiger e Panther guidati da carristi in divisa nera, colore che si rivelerà assai pratico per nascondere le macchie d’olio. Alcuni Messerschmitt monomotore da ricognizione di tipo Taifun sorvolano l’operazione, ma hanno solo il compito di assicurarsi dall’alto che tutto fili liscio, non sono neanche armati. È soltanto una piccola invasione lampo senza scosse, una piccola annessione senza tante storie, per ora non è la guerra vera e propria. Diciamo che i tedeschi arrivano e si insediano, tutto qua.

(da: Correre)

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26 dicembre 1966

HAMID ZIARATI

Il paese era illuminato da una luna storta di primavera, accasciata su una nuvola solitaria.

Gli zingari, appoggiati al carro, suonavano i loro strumenti facendo echeggiare un canto, ora triste per un amore lancinante e deluso, ora gioioso per uno felicemente germogliato e ricambiato.

Zoleikha piroettava attorno al falò, incurante della presenza dei fedeli, come una falena innamorata della sua mortale candela.

Gli uomini del paese, accomodati a gambe incrociate sui tappeti secondo l’anzianità e la ricchezza, avevano lo sguardo fisso su di lei. I piú aspiravano nervosamente boccate dense dalle lunghissime pipe, e i fumatori non abituali si abbandonavano alle rigide canne del narghilè e alle sue gorgoglianti lamentele per quelle labbra inesperte.

(da: Il meccanico delle rose)

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28 dicembre 1954

ANDREA MOLESINI

 

Ho sempre considerato un privilegio vivere in una città di mare. Ho sempre sognato di partire, ma l’inerzia delle cose mi ha trattenuto, la scuola, e questo mestiere del tradurre che ho smesso di amare, che pratico ancora con perizia, ma senza più passione. Pensai a quella poesia di Kavafis che dice: il posto da cui fuggi ti resta dentro, dovunque tu vada; dovunque tu cerchi un nuovo destino, sono gli antri bui del vecchio nido quelli che frequenti; la vita che qui hai tradito, in ogni altro luogo è perduta.

(da: La solitudine dell'assassino)

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30 dicembre 1865 - 18 gennaio 1936

RUDYARD KIPLING

 

La crassa calura madida, sospesa come una coltre sulla superficie della terra, toglieva ogni speranza di dormire – e questo è uno. Le cicale tenevano bordone alla calura; gli sciacalli ululanti, alle cicale. Impossibile starsene seduti nella casa buia, vuota, riecheggiante, a guardare il punkah scuotere l’aria immota. Così alla dieci di sera ho piazzato il mio bastone da passeggio dritto al centro del giardino per vedere da che parte sarebbe caduto. Ha indicato direttamente la strada illuminata dalla luna che porta alla Città della tremenda notte. Il rumore della sua caduta ha spaventato una lepre. 

(da: La città della tremenda notte)

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2 dicembre 1929

ELENA GIANINI BELOTTI

Confesso che certe volte desidererei essere sorda, almeno un po’, proprio per smettere di soffrire a causa del chiasso ininterrotto che assedia le mie povere orecchie. Mi piacerebbe esserlo per non sentire piú quella musica banale che mi aggredisce non appena entro in un bar a bere un cappuccino, varco la soglia di un supermercato, vado dal parrucchiere a lavarmi i capelli o dal pedicure a togliermi un callo, attendo il mio turno nella sala d’aspetto del medico di base, del dentista e dello specialista – musica che ormai dovunque è diventata una presenza ossessiva. Mi è venuta voglia di controllare se succede anche al Pronto Soccorso, nelle camere mortuarie o nelle agenzie di pompe funebri.

(da: Onda lunga)

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3 dicembre 1857 - 3 agosto 1924

JOSEPH CONRAD

Da quando aveva lasciato il mare era rimasto stupito nello scoprire che le persone istruite non erano meglio delle altre. Nessuno mostrava un qualche giusto orgoglio per il proprio lavoro; dagli idraulici, che erano semplicemente dei ladri a, poniamo, i giornalisti (a quanto pareva li considerava una classe particolarmente intellettuale), i quali mai, neanche per puro caso, fornivano una versione esatta delle questioni più semplici. In generale, l’universale inefficienza di quella che chiamava «la banda di terra» era a suo parere da attribuirsi a un rifiuto delle responsabilità e a un eccessivo senso di sicurezza.

(da: Il caso)

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4 dicembre 1875 - 29 dicembre 1926

RAINER MARIA RILKE

Io imparo a vedere. Non so perché tutto penetra in me più profondo e non rimane là dove, prima, sempre aveva fine e svaniva. Ho un luogo interno che non conoscevo. Ora tutto va a finire là. Non so che cosa vi accada.
Oggi ho scritto una lettera, e d'improvviso mi sono reso conto d'essere qui solo da tre settimane. Tre settimane altrove, per esempio in campagna, potevano essere un giorno, qui sono anni. Non voglio più scrivere neppure una lettera. Perché devo dire a qualcuno che sto mutando in me? Se muto, non resto quello che ero, e se sono qualcosa di diverso da prima, è chiaro che non ho più conoscenti E a gente estranea, a gente che non mi conosce, mi è impossibile scrivere.

(da: I quaderni di Malte Laurids Brigge)

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5 dicembre 1965

ERNESTO ALOIA

C’erano stati anni in cui vi capitavo all’improvviso, da solo, talvolta per una serata che scivolava via tra cena e saluti agli amici. Ripartivo la notte stessa, o il mattino prima che schiarisse. Da quelle fughe riportavo un senso di libertà adulterata, l’ebbrezza dell’accelerazione nel lasciarmi alle spalle facce troppo familiari e vite stagnanti. Poi qualcosa era cambiato. Mi era nato il desiderio di riafferrarle, quelle facce e quelle vite, e a poco a poco la mia consuetudine nel paese di Castagneto era tornata a consolidarsi: da quando era nata Giulia, io e Carla non vi passavamo mai meno di tre settimane, in estate. Avevo ripreso a considerarmi uno del posto.

(da: Paesaggio con incendio)

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6 dicembre 1964

GARTH STEIN

Quando uscimmo dall’autostrada all’estremo Nord della città, ricordo la delusione che provai nel ritrovarmi immerso nella tipica periferia americana. Un magazzino di stoffe e un ristorante messicano. Una sala da gioco, un supermercato, un distributore ARCO, un negozio di idraulica. Era peggio di quello che potessi immaginare. A un incrocio, attraversammo un vialone squallido con un’eccessiva quantità di auto in attesa della freccia verde per girare a sinistra. Ma poi la strada si ridusse da quattro a due corsie e iniziò a coprirsi di alberi, che con le loro chiome oscuravano il cielo. Io notai la trasformazione e spensi il walkman, mentre mio padre svoltava in una strada ancora più piccola e imboccava un viale d’ingresso, dove presto incontrammo un casotto di guardia a un cancello.

(da: Una luce improvvisa)

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8 dicembre 1957

PIERO COLAPRICO

La sezione Omicidi dei carabinieri era stata una bella scuola, come no! Insieme con un collega che giocava a rugby aveva acchiappato anche il presunto assassino della decapitata. Molto presunto, a dir la verità: in ogni caso l’unico su cui gravassero numerosi indizi di colpevolezza. I giudici della corte d’assise avevano considerato superflui i dubbi dei carabinieri, era fioccata una pesante condanna in primo grado e nel carcere sardo di Badu ’e Carros, in attesa dell’appello, era stata inflitta la sentenza definitiva.

(da: Il fantasma del ponte di ferro)

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10 dicembre 1891 - 12 maggio 1970

NELLY SACHS

Premio Nobel per la letteratura 1966

Sempre cercavi la perla smarrita il giorno della tua nascita.

Cercavi il bene posseduto, musica della notte nelle orecchie.

Anima lambita dal mare, tu tuffatrice, fino al fondo.

Pesci, angeli del profondo, risplendevano nella luce della tua ferita.

(da: Epitaffi scritti sull'aria)

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12 dicembre 1914 - 2 gennaio 2000

PATRICK O'BRIAN

All’inizio della primavera del 1815, l’improvviso riarmo seguito alla fuga di Napoleone dall’Elba non aveva assottigliato gran che i ranghi degli ufficiali di marina disoccupati. Un vascello di linea spogliato, smantellato e messo in disarmo non poteva essere allestito, equipaggiato e riportato in condizioni di navigare in poche settimane; e a Gibilterra i punti dai quali si godeva la vista migliore erano ormai affollati di gentiluomini a mezza paga, che aspettavano insieme ad altri l’arrivo tanto atteso della squadra del commodoro Aubrey da Madera.

(da: I cento giorni)

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14 dicembre 1922 - 14 novembre 1971

LUCIANO BIANCIARDI

La provincia, come è noto, ribolle di continue iniziative culturali. Il Nostro, che già parla, si veste, si muove, come un intellettuale in ascesa, diventerà ben presto il vicepresidente d’un qualche circolo, cenacolo, nucleo, gruppo culturale. Si badi bene: non presidente e neanche segretario. Il primo è lì per figura, spesso per brutta figura, e di solito viene incarnato da qualche trombone locale desideroso di mettersi in mostra; il secondo è quello che sgobba e leva le castagne dalla padella bucata, ci rimette i quattrini e deve fare i conti con le autorità, dalle fiscali alle censorie. Il vicepresidente raccoglie il merito delle iniziative, quando le cose funzionano.

(da: Non leggete i libri, fateveli raccontare)

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15 dicembre 1948

PASCAL BRUCKNER

Nel 1860, mentre si trova in esilio nelle isole anglo-normanne come oppositore di Napoleone III, Victor Hugo associa in maniera inedita libertà di pensare e libertà di amare: «L’una risponde al cuore, l’altra allo spirito: sono le due facce della libertà di coscienza. In quale Dio credo, quale donna amo, nessuno ha diritto di chiedermelo, tanto meno la legge».

(da: Il paradosso amoroso)

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17 dicembre 1916 - 28 aprile 2000

PENELOPE FITZGERALD

All’interno della Broadcasting House, la Sezione Programmi Registrati era chiamata talvolta l’Harem, perché il suo Direttore era convinto che lavorava meglio quando era circondato da giovani donne. Di per sé, questo era un atteggiamento comprensibile e perfettamente innocuo, ma, per amore di verità, lui non si chiese mai se fosse innocuo o meno. Per pensare a cose del genere, avrebbe dovuto concentrarvisi appositamente. 

(da: Voci umane)

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18 dicembre 1915 - 4 aprile 1992

VINTILA HORIA

La tempesta di neve scuote il tetto. Il mare geme in lontananza e, nella notte, le sue onde si trasformano in lunghi fantasmi di ghiaccio. Domani la gente potrà camminare sopra i pesci e qualche vicino, più robusto di me, dovrà aprire un passaggio fino alla mia porta, attraverso lo spessore della neve, perché io possa uscire. Non ho mai sentito un urlo come questo, accompagnato dallo scricchiolio della neve ghiacciata all’esterno dei muri. Oltre questo acuto grido che si abbatte su di me come un’onda, il gemito del mare sembra il suono stesso della notte, come se il tempo avesse una voce e la facesse udire in un punto solo della terra: qui. La mia casa è quasi addossata ai bastioni della città, e quando il vento si calma sento l’ululare dei lupi fuori dalle mura. Hanno fame. Ne è stato ucciso uno in strada, oggi pomeriggio. 

(da: Dio è nato in esilio)

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19 dicembre 1924 - 8 gennaio 2016

MICHEL TOURNIER

Sei un orco, mi diceva a volte Rachel. Un Orco?
Cioè un mostro meraviglioso, riemergente dalla notte dei tempi? Io ci credo senz'altro, alla mia natura meravigliosa, voglio dire a questa segreta connivenza che unisce in profondità la mia avventura personale al corso delle cose, e le permette d'inclinarlo nel senso giusto.

E credo pure d'essere uscito dalla notte dei tempi. Mi ha sempre scandalizzato la frivolezza degli uomini che si preoccupano appassionatamente di quanto sarà di loro dopo la morte e si disinteressano completamente di quanto è stato di loro prima della nascita.

(da: Il re degli ontani)

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19 dicembre 1942 - 3 giugno 1995

JEAN-PATRICK MANCHETTE

Nel centro di Worcester c’è una piazza che fa da capolinea a diversi autobus. Mentre manovrava per posteggiare il Bedford, Terrier vide Dubofsky entrare in un cinema che proponeva una doppia programmazione: un mediocre thriller americano con Charles Bronson e una commedia inglese in bianco e nero con Diane Cilento. Quando i passeggeri del bus finirono di disperdersi la piazza rimase deserta. Di fronte al cinema, un pub squallido, che sembrava piuttosto una grossa lavanderia automatica, rifletteva sul marciapiede attraverso i vetri smerigliati chiazze di luce giallastra. 

(da: Posizione di tiro)

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20 dicembre 1951

KATE ATKINSON

Entrando nella caffetteria, fu investita da un’aria carica di umidità e fumo di tabacco. Fuori pioveva e c’erano ancora delle gocce che tremavano come rugiada delicata sui giacconi di pelliccia di alcune delle avventrici. Un reggimento di camerieri in grembiule bianco si affaccendava a ritmo serrato per venire incontro alle necessità di svago dei Münchner: caffè, dolci e pettegolezzi.

(da: Vita dopo vita)

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20 dicembre 1964

ALESSANDRO PERISSINOTTO

 

Si potrebbe quasi tornare a Parigi, quello che conta è il quasi, come se Parigi, in fondo, non fosse una prima scelta: quasi quasi, in mancanza di meglio, di luoghi più esotici, più inusuali, più alla moda, si potrebbe andare a Parigi. Già, perché a Parigi ci siamo già stati, diverse volte ormai. La Tour Eiffel? Vista. Montmartre? Visto. Il Louvre? Quello non si finisce mai di vederlo, però la Gioconda, la Venere di Milo, la Nike di Samotracia, tutta roba vista. Le opere degli impressionisti? Viste anche quelle, prima al Jeu de Paume e poi al Musée d’Orsay.

(da: Parigi lato ferrovia)

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21 dicembre 1952

ERALDO BALDINI

Quando hanno abbattuto la prima casa, partendo da quelle esterne, dalla parte delle paludi, s’è alzata una grande nuvola di polvere.

Dire s’è alzata però è sbagliato. Si è solo formata e gonfiata, rotonda e lenta, pesante tanto da non potersi sollevare nell’aria.

Era uno di quei giorni, e qui succede spesso, che l’umidità e il gravare del cielo sono così densi che pare strano persino che possano volare gli uccelli, che i gabbiani possano veleggiare e muoversi leggeri e disinvolti.

(da: Faccia di sale)

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23 dicembre 1963

DONNA TARTT

Forse che una cosa come “il fatale errore”, quell’appariscente, cupa frattura che taglia a metà una vita, può esistere al di fuori della letteratura? Una volta pensavo di no. Ora sono dell’opinione contraria. E penso che il mio sia questo: un morboso, coinvolgente desiderio verso tutto ciò che affascina.

À moi. L’histoire d’une de mes folies.

Mi chiamo Richard Papen; ho ventisei anni e non avevo mai veduto il New England e l’Hampden College prima dei diciannove. Sono californiano di nascita e anche, ho recentemente scoperto, di carattere. Ma quest’ultima cosa l’ammetto solo ora, dopo il fatto. Non che importi.

(da: Dio di illusioni)

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24 dicembre 1962

BELINDA BAUER

La stagione era troppo avanzata per andare a caccia. Anche se in realtà Jess Took non stava cacciando, si limitava a guardare.

Sempre che lo si potesse definire a quel modo.

Jess aveva tredici anni e ormai da un anno quell’«andare a caccia» era diventato un eufemismo che significava starsene seduta nel van per il trasporto cavalli di suo padre, assordata dall’hip-hop e accecata dalla condensa che si formava subito sulla parete interna dei finestrini grazie al primo freddo di una mattina primaverile.

(da: Il ladro di bambini tristi)

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26 dicembre 1951

CARLO MARTIGLI

NEL NOVEMBRE del 1911 la guerra italo-turca era iniziata da un paio di mesi, e tra i coscritti ufficiali venne richiamato alle armi il livornese Pietro Martigli, in qualità di capitano, anche se di militare conosceva soltanto il saluto delle reclute quando venivano congedate, la mano sinistra sull’avambraccio destro.

Una strage di tordi, colombacci e fagiani preannunciò la festa di commiato che il podestà di Navacchio gli aveva organizzato con tanto di banda e un rinfresco in villa, naturalmente a spese della famiglia Martigli.

Per alcuni giorni dalle grate della cantina continuò a salire il fetore della cacciagione appesa per il collo: quando questo si fosse staccato dal corpo, la carne avrebbe raggiunto la perfetta frollatura. Frotte di gatti si accostavano, molti arrivando a coda dritta.

(da: La follia di Adolfo)

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27 dicembre 1914 - 1 novembre 1978

GIUSEPPE BERTO

Sfumata in un residuo di nebbia che non ce la faceva né a dissiparsi né a diventare pioggia, un po’ disfatta da un torpido scirocco piú atmosfera che vento, assopita in un passato di grandezza e splendore e sicuramente anche d’immodestia confinante col peccato, la città era piena di attutiti rumori, di odori stagnanti nel culmine d’una marea pigra. Sole e luna le segnavano un ritmo diverso, e come sospinta da un doppio scorrere di tempo essa incessantemente moriva nei marmi e nei mattoni, nei pavimenti avvallati, in travi e architravi ed archi sconnessi, in voli di troppi colombi, nell’inquietudine di miriadi di ratti che si andavano moltiplicando in attesa. Della gente, ognuno portava dentro di sé una particella di quella finalità irrimediabile.

(da: Anonimo veneziano)

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28 dicembre 1958

GILLES LEROY

Il giardino è triste, il prato assomiglia a un tappeto sforacchiato, e le tamerici bruciate fanno pena, così come gli oleandri appassiti nei vasi. Se a questo quadro desolante si aggiunge la piscina dall'acqua sporca in cui galleggiano vari animaletti morti e alghe fetide – uno scandalo, in questa regione, un'offesa al saper vivere – niente farebbe venir voglia di suonare alla porta. Ma il ragazzo (il suo profilo fa pensare a un adolescente la cui crescita si sia bloccata, un'infanzia anacronistica del corpo, a giudicare dalle rughe solo accennate del volto), l'uomo bambino rimane turbato all'idea di entrare in contatto con quella signora nera, che gli è stata descritta come una creatura lunatica e vagamente mostruosa. La porta si apre su un corridoio oscuro. 

(da: Nina Simone)

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