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Nati in febbraio

Compleanni in punta di penna

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2 febbraio 1882 - 13 gennaio 1941

JAMES JOYCE

Un tempo c’era un campo laggiú e loro solevano giocarci ogni sera, insieme agli altri ragazzi del quartiere. Poi l’aveva comprato un tale di Belfast e ci aveva costruito delle case; non misere casupole nere come le loro, ma case chiare in mattoni, dal tetto lucente. Tutti i ragazzi del viale avevano giocato in quel campo: i Devine, i Water, i Dunn, il piccolo Keogh lo zoppo e lei coi suoi fratelli e sorelle. Solo Ernest non ci giocava: era troppo grande. Spesso veniva il padre a scacciarli di là col suo bastone di pruno, ma di solito il piccolo Keogh stava di guardia e chiamava non appena lo vedeva arrivare. Eppure parevan bei tempi quelli! Il padre non era ancora cosí cattivo e la mamma era ancora viva. Molti anni erano passati da allora: adesso lei e i suoi fratelli e sorelle s’erano fatti grandi e la mamma era morta. Anche Tizzie Dunn era morto e i Water erano tornati in Inghilterra. Come tutto cambia! 

(da: Gente di dublino)

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2 febbraio 1962

PHILIPPE CLAUDEL

 

Per burlarsi della sua indole taciturna e della sua rudezza, si dice che l’abitante dei Vosgi è mezzo uomo e mezzo abete. Lontano dalle abetaie, la mia vita rallenta. Mi sembra d’essere stato sradicato. Mi manca il loro verde perenne, la loro vasta opulenza, il loro odore vivido di resina, i loro aghi inoffensivi. Prima della guerra, mio padre è boscaiolo, contadino, operaio chimico. Il dopoguerra fa di lui un poliziotto che però non dimentica mai i suoi boschi. La sua casa natale vi è incastonata. Alberi scuri che s’inerpicano fino alla rupe della Soye, alle rovine del castello di Pierre-Percée, al colle della Chapelotte dove i tanti combattimenti della Prima guerra mondiale hanno lasciato ferite indelebili. 

(da: Profumi)

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3 febbraio 1947

PAUL AUSTER

Le morti solitarie sono piú comuni. Ma anche queste sono state trasformate in una specie di rituale pubblico. La gente si arrampica sui luoghi piú alti al solo scopo di buttarsi giú. L’Ultimo salto, cosí viene chiamato, e devo ammettere che c’è qualcosa di eccitante nel vederne uno, qualcosa che sembra aprire dentro di te uno spazio di libertà completamente nuovo: vedere un corpo sul cornicione di un tetto e poi, sempre, il breve attimo di esitazione, come un desiderio di assaporare quegli ultimi secondi, e il modo in cui sembra che la tua vita ti si raccolga in gola e poi, inaspettatamente (infatti non puoi mai essere sicuro di quando accadrà), il corpo si lancia in aria e scende volando giú in strada. 

(da: Nel paese delle ultime cose)

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5 febbraio 1848 - 12 maggio 1907

JORIS-KARL HUYSMANS

 

Leggi un po’ gli ultimi libri usciti, che ci trovi? Aneddoti, fatterelli vari copiati da diari, nient’altro che racconti fiacchi e storielle equivoche, senza il sostegno di un’idea sul senso della vita, sull’anima, in uno stile da quattro soldi. Sai che cosa mi succede, quando finisco uno di quei libri? Non ricordo nemmeno più le descrizioni impudiche, per non parlare delle insipide arringhe che contengono. Mi resta soltanto una sensazione di stupore nel pensare come un uomo sia riuscito a scrivere dalle tre alle quattrocento pagine nonostante non avesse assolutamente niente da dire!

(da: L'abisso)

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5 febbraio 1964

DIEGO DE SILVA

Viviamo in una società isterica che cova rancore e desiderio di rivalsa ma non lo dice, non produce alcun linguaggio antagonista ma mistifica e mente, non si oppone apertamente al nemico e non lo sfida, piuttosto aspetta l’occasione per prenderlo alle spalle o lavora sottobanco per fregarlo.

È la consapevolezza di questo rancore pervasivo che t’indigna e ti fa generalizzare sui tassisti, anche se non tutti i tassisti sono stronzi. Ma non è che puoi stare ogni volta a fare questa precisazione, anche perché l’indignazione non discrimina.

(da: Divorziare con stile)

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6 febbraio 1924 - 23 agosto 1994

PAOLO VOLPONI

Saraccini guarda dall’alto della collina la grande città industriale che si estende nella pianura, spianata dalla notte oltre se stessa fino a sparire tra i riflessi del fiume e le fumate dei campi.
Egli è sereno e gode soddisfatto di quella vista e del generale silenzio. «E sí, è proprio un altro grande generale, il silenzio», confida a se stesso e all’universo. Tutto lo spazio intorno, con il fiato trattenuto e cauto ad ogni tonfo, sembra capirlo e ubbidirgli, riconoscergli con premura di essere quasi ricco, quasi innamorato, ancora giovane e forte, il primo nella sua città esemplare e anche nella regione; il piú intelligente, equilibrato e capace dei direttori della sua gloriosa Azienda.

(da: Le mosche del capitale)

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7 febbraio 1953

MARIA PACE OTTIERI

Dal treno il Vesuvio, il suo lato meno abitato, i due seni arrotondati uniti da una cresta appena frastagliata. Nitido, dà l’impressione di poter affondare la mano nelle pieghe del suo pelo bruno, di toccare il dorso di un gigantesco animale accucciato e decapitato.

Lo rivedo dall’alto nell’ultimo sole, attraverso uno squarcio aperto tra i palazzi grigi di corso Vittorio Emanuele, le architetture solenni di Napoli che sono color della cenere, rose e tarlate dal formicolio delle vite di chi le abita.

Da quando lo penso come un luogo da esplorare, mi appare nella nuova luce dell’interesse amoroso che nasce senza preavviso. 

(da: Il Vesuvio universale)

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8 febbraio 1828 - 24 marzo 1905

JULES VERNE

Durante la guerra di Secessione americana fu istituito nella città di Baltimora, nel cuore del Maryland, un nuovo circolo grandemente influente. È risaputo quanto l’istinto militare fosse forte presso quel popolo di armatori, di mercanti e di meccanici. Umili bottegai abbandonarono i loro sgabelli per improvvisarsi capitani, colonnelli, generali, pur senza aver mai frequentato i corsi di West Point, diventando ben presto ugualmente abili nell’ “arte della guerra” dei colleghi del vecchio continente, e al pari di questi ottenendo vittorie a forza di sperperare munizioni, milioni e uomini.

(da: Dalla Terra alla Luna)

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8 febbraio 1930 - 28 settembre 2013

CARLO CASTELLANETA

 

Lei ha sorriso come a una scappatella, ha accavallato le gambe dalla sua poltrona, due gambe diritte e robuste, era chiaro chi comandava in quella casa, Giulio cercava le sue sigarette ma lei non si è mossa, ha dovuto andarsene lui in un’altra stanza, siamo rimasti soli, ho sentito con imbarazzo il suo sguardo, mentre lisciava il bracciolo della poltrona, una mano ben curata, le unghie rosse di smalto fresco, un piccolo brillante al dito, certo aspettava una mia domanda, una qualunque, quel silenzio tra noi due stava diventando ridicolo, allora ho fermato gli occhi su di lei come all’inizio di un interrogatorio.

(da: Notti e nebbie)

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11 febbraio 1970

LUCA BIANCHINI

Non tutti abbiamo il nome che vorremmo.

C’è chi eredita quello del nonno, chi sogna quello del padre, chi si chiama Diego Armando come Maradona o Sonny come il protagonista di “Miami Vice”. Chi si ritrova il nome che non sai come si scrive o quello che non ha nessuno, e chi quello che hanno in troppi.

Ma non era mai capitato ciò che accadde a una piccola appena nata a Trieste, una mattina di dicembre alla fine degli anni Sessanta, il giorno prima di San Nicolò, il vero Babbo Natale per i bambini della città.Mentre tutti finivano di impacchettare gli ultimi regali, il suo batuffolo di capelli neri che la bora non era riuscita ancora a scompigliare faceva capolino all’Ospedale Maggiore

(da: So che un giorno tornerai)

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15 febbraio 1943

DOMENICO STARNONE

Mi sembrava stupefacente che Dante, partendo dal 1265, si fosse ritrovato, all’altezza del 1300, in un bosco scuro scuro. Credevo che quelle date fossero pietre miliari di una strada fatta di tempo, lungo cui un tale – bighellonando – aveva incontrato una foresta con tre belve. Le ore scivolavano in ettari di selva cosí, con disinvolta magia. Me la godevo e memorizzavo il lessico della poesia come se fosse la forma della felicità.

(da: Le false resurrezioni)

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17 febbraio 1929

ALEJANDRO JODOROWSKY

Nella primavera del 1979 ebbe inizio una delle più intense avventure della mia vita, un’avventura che mi portò a inventare un sistema terapeutico e artistico basato sullo studio dell’albero genealogico. A quell’epoca avevo cinquant’anni. Ma devo fare ancora un passo indietro nel passato. La mia formazione giovanile è stata ricca e complessa, un po’ libresca e autodidatta. Si sono succeduti maestri e intuizioni personali, così come periodi di studio e di sperimentazione. Su tutte queste attività ho basato le teorie e le pratiche presentate in questo volume.

(da: Metagenealogia)

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18 febbraio 1925 - 7 settembre 2000

SEBASTIANO ADDAMO

Mia madre possedeva un piccolo libro del quale ogni tanto scorreva qualche pagina: sottile e nitido di scrittura, con un segnalibro di seta la copertina di pelle verde.

A me piaceva, nascostamente, prenderlo, toccarlo poroso e madido, metterlo in tasca. Più tardi lo estraevo ancora nel calore del mio corpo. Passavo la mano sul dorso, lungo i bordi: erano tiepidi, mi parevano una guancia, una epidermide viva che potesse d'improvviso arrossire. Andavo a riporto di corsa, spaventato.

Una volta mia madre s'era chinata a guardare il disegno che stavo terminando. Era una grande margherita e la coloravo in rosso lacca. Infine prese il foglio tra le mani, lo rigirò variamente, finché si fermò.

Così è più bello, disse.

(da: Le abitudini e l'assenza)

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19 febbraio 1950

SALVATORE NIFFOI

Chi fosse in realtà il contastorie di Thilipirches, nessuno in Barbagia lo ha mai saputo veramente. Sulle sue origini tutti se ne inventavano una ma di cento non ne valeva nessuna. L’unica che forse aveva trovato il filo che legava le bugie al bozzolo della verità era mannai Nicolosa Longhitta. Lei diceva di aver saputo, da fonte sicura in punto di morte, che un’anima buona lo aveva battezzato di nascosto nella vecchia chiesa sconsacrata di San Sebastiano, e gli aveva dato il nome di Agapitu.

(da: Il venditore di metafore)

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19 febbraio 1964

JONATHAN LETHEM

Come un fiammifero acceso in una stanza buia.

Due bambine bianche in camicia da notte di flanella e pattini a rotelle in similpelle rossa con stringhe bianche che tracciano cerchi esitanti su un marciapiede blu ardesia pieno di crepe alle sette di una sera di luglio.

Le bimbe sussurravano rime, erano rime sussurrate, con i loro capelli diafani rosa cielo che ondeggiavano come se non fossero mai stati tagliati. I genitori avevano dato loro il permesso di uscire dopo cena, purché in camicia da notte e con i denti lavati, a godersi il crepuscolo estivo rosa-arancio, la luce e l’aria che sovrastavano la via, tutta Gowanus, come il palmo di una mano o l’interno di una conchiglia.

(da: La fortezza della solitudine)

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20  febbraio 1926 - 23 giugno 2013

RICHARD MATHESON

Caro pa’,

ti sto mandando questo biglietto sotto il collare di Rex perché devo restare qui. Spero che ti arrivi senza problemi.

Non ho potuto consegnare la cartella delle tasse perché la vedova Blackwell è stata uccisa. È di sopra, l’ho messa sul letto. Ha un aspetto orribile. Vorrei che facessi venire lo sceriffo e il medico legale, Wilks.

Il piccolo Jim Blackwell al momento non so dov’è. È così atterrito che continua a correre per tutta casa e a sfuggirmi. Chi­unque abbia ucciso la sua mamma deve averlo spaventato a morte. Non dice una parola, scappa solo dappertutto come un topo impaurito. Certe volte vedo i suoi occhi nel buio, poi spariscono. Lo sai che qui non c’è la corrente elettrica.

(da: Tutti i racconti, vol. 3)

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21 febbraio 1903 - 14 gennaio 1977

ANAÏS NIN

La mia nave ha battuto il record di velocità navigando alla volta di New York. Era notte e non mattina quando arrivai - giustamente del resto, visto che per me la notte è l’inizio e la radice di tutti i giorni. L’orchestra suonava, i grattacieli scintillavano con milioni d’occhi, come forme sospese nell’aria nera, e un uomo stava sussurrando: “Tesoro mio, ti amo, ascoltami, dolcezza, io ti amo. Sei meravigliosa, dolcezza mia. Non è fantastico, dolcezza, arrivare a New York mentre faccio l’amore con te. Sono pazzo di te, dolcezza. Non mi tradirai, vero? Non mi dimenticherai, dolcezza? Adoro i tuoi capelli, dolcezza mia. Ascoltami...”

(da: Fuoco)

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21 febbraio 1962

CHUCK PALAHNIUK

Il problema delle storie è che le racconti a giochi fatti.

Anche le telecronache di baseball alla radio, gli home-run e i fuoricampo, persino quelli sono in ritardo di qualche minuto. Persino i programmi TV in diretta arrivano un paio di secondi dopo.

Persino il suono e la luce non superano una certa velocità.

Un altro problema è chi la storia la racconta. Il chi, il cosa, il dove, il quando e il perché del giornalismo. La forma che il messaggero dà ai fatti. Quello che i giornalisti chiamano Il Guardiano. Il fatto che il modo in cui si presenta una storia è tutto.

(da: Ninna nanna)

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23 febbraio 1944

BERNARD CORNWELL

Continuavo a chiamarlo ragazzo, ma Æthelstan era ormai un giovane uomo. Era diventato molto alto e la sua infantile tendenza a combinare guai era stata smussata dall’esperienza. C’era chi si augurava che morisse, e lui lo sapeva, perciò aveva imparato a guardarsi le spalle. Era anche piuttosto bello, o almeno così diceva Eadith, con occhi grigi e sguardo vigile che spiccavano sui lineamenti marcati del viso, incorniciato da una chioma nera come l’ala di un corvo. Io mi rivolgevo a lui chiamandolo «principe», ma chi lo voleva morto lo definiva un bastardo.

(da: I guerrieri della tempesta)

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25 febbraio 1917 - 22 novembre 1993

ANTHONY BURGESS

Tu devi immaginare e immaginerai, lettore corretto o sleale che tu sia (e quale mai è la differenza?), che io immagini avvenimenti a bizzeffe, ma che non li abbia mai avuti davanti agli occhi, neanche di lontano. Tuttavia, quello che un uomo immagina è spesso (o molto spesso, se vuoi) la sostanza reale e vera di quello che ha veduto. C'era un filosofo che narrava di un gatto che miagolava perché lo lasciassero uscire e che poi miagolava di nuovo perché lo facessero rientrare. Ma, nell'interim tra un miagolio e l'altro, quel gatto esiste?

(da: Un cadavere a Deptford)

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25 febbraio 1966

MASSIMO CASSANI

«Oh, signurina! Ma lei lo sa qual è la prima roba che pensa un matto, quando l’è che si sveglia? Che il matto è quell’altro, mica lui. L’è vera, eh! Tutti pensano di essere sani di mente, cara la mia signurina. Il matto non dice mica: ecco, sono matto e faccio robe da matti, robb de matt! A stare a sentire la gente le cose da matti le fanno solo gli altri! Noi no, noi siamo quelli che non sbagliamo mai. Sa cos’è che diceva quel tizio, no? Diceva che da vicino nessuno è normale. El g’aveva resùn! Ragione da vendere! Prendiamo me, ad esempio. Scommetto che c’è qualcuno che mi dà del matto. E intanto lui si ciuccia tutto il fumo velenoso della Madunina senza fare né bau né miao.

(da: Zona franca)

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26 febbraio 1949

ELIZABETH GEORGE

A Ludlow cominciò a nevicare la sera, quando la maggior parte della gente aveva già cenato e lavava i piatti prima di piazzarsi sul divano a guardare la televisione. A dire il vero non c’era molto da fare in città in quelle ore, a parte scegliere un canale tv oppure andare al pub. Ma dal momento che Ludlow, coi suoi palazzi medievali e le stradine lastricate, era diventata nel corso degli anni una meta sempre più ambita da pensionati in cerca di tranquillità, era raro che qualcuno si lamentasse per l’assenza di vita notturna.

(da: Punizioe)

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28 febbraio 1533 - 13 settembre 1592

MICHEL DE MAUNTAIGNE

L’uomo è invero un soggetto meravigliosamente vano, vario e ondeggiante. È difficile farsene un giudizio costante e uniforme. Ecco Pompeo che perdonò a tutta la città dei Mamertini, contro la quale era molto in collera, in considerazione della virtù e della magnanimità del cittadino Zenone, che prendeva su di sé la colpa di tutti e non chiedeva altro favore che di sopportarne da solo la pena. L’ospite di Silla, invece, avendo dimostrato nella città di Perugia una eguale virtù, non ne trasse alcun vantaggio, né per sé né per gli altri.

(da: Saggi)

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2 febbraio 1926 - 9 aprile 2012

MIRIAM MAFAI

La prima a conoscere le parole esatte con cui l’avvenimento sarebbe stato annunciato fu Myriam, la sorella più piccola di Claretta Petacci, l’amante del Duce. Mussolini telefonò alla Camilluccia poco dopo le quattro del pomeriggio del 10 giugno, ma Claretta era uscita con la mamma e così rispose la «cognatina». Fu lei a raccogliere l’indiscrezione. Si limitò a sussurrare nel microfono, con la voce adolescente emozionata: «Finalmente».
Finalmente. Da settimane cortei di giovani percorrevano le strade gridando allegri: «Tunisi, Nizza, Gibuti». Da settimane per la strada, nei salotti, al cinema, in ufficio non si parlava che di questo: del giorno in cui finalmente l’Italia sarebbe entrata in guerra. Alla festa di battesimo dell’ultima nata del ministro Adelchi Serena, una bambina il quarto figlio non si parlava d’altro. 

(da: Pane nero)

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3 febbraio 1870 - 11 gennaio 1945

ADA NEGRI

Certi pomeriggi capitava alla Motta, ch'io avevo finito di far scuola, e tutti i miei scavezzacolli d'allievi se l'eran data a gambe per scorciatoie, fratte e campi. Per me e per la mia amica Chiarascura era una festa accoglierla, insieme con l'indivisibile cagna, nella panetteria dei Miraglia, dov'io mi trovavo a pensione. Figlia dei padroni, Chiarascura teneva il banco. Il suo nome era Chiara; ma l'altro gliel'avevo affibbiato io, per certi sbalzi d'umore che rendevan nerissimi da un momento all'altro i suoi occhi, abitualmente d'un color d'acqua cosí puro, che quasi le iridi non si distinguevano dalla cornea. Assai lunatica. Ma bella, al banco, coi bruni capelli incipriati di fior di farina, e tutt'intorno gli oblunghi e rotondi pani d'oro, e, dinanzi, le lucentissime bilance: io, fresca di studi, le dicevo che mi faceva pensare a Minerva, per via degli occhi glauchi e delle bilance; ma i pani non so davvero come c'entrassero.

(da: Sorelle)

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3 febbraio 1948 - 5 ottobre 2015

HENNING MANKELL

Sabato 26 ottobre 2002 Kurt Wallander si svegliò molto stanco. A causa della fastidiosa influenza che imperversava alla centrale di polizia aveva avuto una settimana impegnativa. Per qualche insondabile ragione, proprio lui che di solito si ammalava per primo era stato uno dei pochi a non essere contagiato e, dato che negli ultimi giorni si erano verificati uno stupro a Svarte e diversi casi di maltrattamenti aggravati a Ystad, aveva dovuto lavorare più a lungo e più intensamente del solito.

(da: la mano)

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5 febbraio 1914 - 2 agosto 1997

WILLIAM S. BURROUGHS

La cinepresa è l’occhio di un avvoltoio che solca il cielo sopra la macchia, cumuli di calcinacci e fabbricati lasciati a metà appena fuori Città del Messico.

Fabbricato di cinque piani senza pareti senza scale... gli abusivi hanno tirato su case alla buona... i piani sono collegati da scale a pioli... i cani abbaiano, le galline chiocciano, al passaggio della cinepresa un ragazzo sul tetto finge di menarselo.

Raso terra vediamo l’ombra delle nostre ali, cantine soffocate dai cardi, barre di ferro arrugginite spuntano come piante di metallo dalle crepe nel cemento, una bottiglia rotta al sole, fumetti a colori macchiati di merda, un giovane indio appoggiato al muro con le ginocchia contro il petto mangia un’arancia spolverata di peperoncino rosso.

(da: I ragazzi selvaggi)

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6 febbraio 1778 - 10 settembre 1827

UGO FOSCOLO

Taci, taci: — vi sono de’ giorni ch’io non posso fidarmi di me: un demone mi arde, mi agita, mi divora. Forse io mi reputo molto; ma e’ mi pare impossibile che la nostra patria sia così conculcata mentre ci resta ancora una vita. Che facciam noi tutti i giorni vivendo e querelandoci? insomma non parlarmene più, ti scongiuro. Narrandomi le nostre tante miserie mi rinfacci tu forse perché io mi sto qui neghittoso? e non t’avvedi che tu mi strazi fra mille martiri? Oh! se il tiranno fosse uno solo, e i servi fossero meno stupidi, la mia mano basterebbe.

(da: Ultime lettere do Jacopo Ortis)

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6 febbraio 1951

LIDIA RAVERA

Anna Benedetti. Era partita dal nome, l’aveva scritto su un quaderno, l’aveva fissato per qualche secondo. Poi si era decisa a digitarlo sulla tastiera. Siamo tutti nelle mani di Google. Affidarsi a un motore di ricerca per ritrovare lacerti di passato le pareva una specie di delitto. La vittoria della burocrazia sulla letteratura.
Eppure. Farne a meno è impossibile. A occhio e croce Anna doveva essere sui settanta e rotti. Una decina d’anni più di Costanza che era, insieme a Vicky, la più giovane nella comune di via Carducci.
La probabilità che un’ultrasettantenne passi le sue giornate a postare fotografie del suo gatto su Facebook sono minime. 

(da: Il terzo tempo)

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7 febbraio 1956

GIANCARLO DE CATALDO

 

L’avvocato Flint aveva una voce serena, profonda. Era un vecchio alto, magro, elegantemente fasciato in un completo grigio con cravatta reggimentale, folti capelli candidi e occhi azzurri, ora freddi, ora accesi da improvvisi guizzi ironici. Poteva avere fra i sessant’anni portati male e i settantacinque di chi è in piena forma. Si aggirava con passo agile fra i vialetti del cimitero monumentale del Verano fumando un lungo sigaro cubano. Giocherellava con l’edizione inglese del mio ultimo romanzo: Blue Moon.

Era la prima volta che ci vedevamo di persona

(da: L'agente del caos)

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8 febbraio 1888 - 1 giugno 1970

GIUSEPPE UNGARETTI

SILENZIO IN LIGURIA


Scade flessuosa la pianura d’acqua.


Nelle sue urne il sole
Ancora segreto si bagna.


Una carnagione lieve trascorre.


Ed ella apre improvvisa ai seni 
La grande mitezza degli occhi.


L’ombra sommersa delle rocce muore.


Dolce sbocciata dalle anche ilari,
Il vero amore è una quiete accesa,


E la godo diffusa 
Dall’ala alabastrina
D’una mattina immobile.

(da: Sentimento del tempo)

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9 febbraio 1931 - 12 febbraio 1989

THOMAS BERNHARD

 

Ho preso il primo treno, quello delle quattro e mezzo. Viaggiavo tra pareti di roccia. A sinistra e a destra tutto era nero. Quando salii sul treno battevo i denti. Poi lentamente mi scaldai. C’erano anche le voci di operai e di operaie che tornavano a casa dopo il turno di notte. A loro andò subito la mia simpatia. Uomini e donne, giovani e vecchi, ma tutti dello stesso umore, e tutti esausti – dalla testa ai piedi, compresi seni e testicoli – per la notte passata in bianco.

(da: Gelo)

Lou von Salomé

12 febbraio 1861 - 5 febbraio 1937

LOU ANDREAS-SALOMÉ

 

Anche gli occhi di Nietzsche erano rivelatori. Benché semiciechi, non possedevano nulla di quel carattere indagatore, ammiccante, involontariamente importuno che è proprio di molti miopi; parevano semmai i custodi e i guardiani di autentici tesori, di muti segreti che nessuno sguardo indiscreto avrebbe dovuto violare. La debolezza della vista conferiva ai suoi tratti un incanto del tutto particolare poiché, invece di riflettere le impressioni esteriori e cangianti, restituiva soltanto quel che egli traeva da dentro di sé. Questi occhi guardavano verso l’interno e al tempo stesso – ben oltre gli oggetti più vicini – lontano o, meglio, al suo interno come in una lontananza. 

(da: Friedrich Nietzsche)

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16 febbraio 1916 - 18 dicembre 2000

GIORGIO SAVIANE

Sbucarono nella strada di fronte alla chiesa. Piòri era tutto lì, non vi era neanche il municipio. Loro erano i figli del proprietario terriero del paesino. Claudio conosceva tutti. Aveva cominciato a andare a scuola l’anno avanti. Sul principio gli era sembrato un gioco, poi era intervenuto il timore di non essere promosso, l’umiliazione dei rimproveri, le macchie sui quaderni che non riusciva a evitare. A sentire i grandi pareva se ne infischiasse, perfino il parroco diceva che non studiava, che non stava attento, che distraeva gli altri con le sue improvvise domande.

(da: Il Papa)

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17 febbraio 1975

BARBARA BARALDI

 

Aveva preferito quella casa a un appartamento per via degli orari del suo lavoro. C’era già passata, e quando si trattava di fare turni in quinta, che almeno una volta alla settimana prevedevano di passare la notte in servizio, non c’era niente di peggio del cane del dirimpettaio che abbaiava all’improvviso o della vicina del piano di sopra con l’abitudine di camminare sui tacchi a tutte le ore.

(da: Osservatore oscuro)

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18 febbraio 1929

LEN DEIGHTON

 

Himmler ha fatto rinchiudere il re nella Torre di Londra» dichiarò Harry Woods. «Adesso, però, i generali tedeschi dicono che a tenerlo d’occhio dovrebbe essere l’esercito».

L’altro uomo, immerso nelle carte sparse sulla sua scrivania, non fece commenti. Premette il timbro di gomma sul tampone, poi lo impresse sul ruolino: «Scotland Yard. 14 nov. 1941». Pareva incredibile che la guerra fosse cominciata solo due anni prima. E che fosse finita; finiti gli scontri, persa la causa. C’era una quantità tale di scartoffie da smaltire che si era fatto ricorso a due scatole da scarpe: décolleté di vernice, marca Dolcis, misura 39, tacco alto, pianta stretta. 

(da: SS-GB. I nazisti occupano Londra)

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19 febbraio 1952

GUIDO CERVO

 

Lentamente, la tenue luce dell’alba faceva emergere dal buio della notte il villaggio addormentato, svelando i contorni della palizzata bassa e sconnessa, i tetti delle case, i recinti dei cavalli e le stalle dove era ammassato il bestiame. Di tanto in tanto, all’uggiolare inquieto di qualche cane già in allarme, cominciava a sovrapporsi il lamento delle vacche che reclamavano la mungitura. Una leggera foschia, retaggio delle piogge degli ultimi giorni, aleggiava in piccoli banchi a mezz’aria.

(da: La difesa dell'impero)

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20 febbraio 1888 - 5 luglio 1948

GEORGES BERNANOS

Lo sradicamento degli imbecilli è una folle imprudenza. Questa verità la intravedevaMaurice Barrès. Solidamente radicata al proprio terreno nativo come un banco di mitili allo scoglio, la colonia degli imbecilli può essere ritenuta innocua e perfino capace di fornire allo stato e all’industria un prezioso materiale. L’imbecille è innanzi tutto abitudinario e vive di partito preso. Staccato dal suo ambiente, conserva tra le valve strettamente chiuse l’acqua dello stagno che l’ha nutrito. Ma la vita moderna non solo trasporta gli imbecilli da un luogo all’altro; li rimescola con una specie di furore. La gigantesca macchina, girando a tutta forza, dopo averli inghiottiti in grandi quantità, li dissemina per il mondo secondo il proprio sterminato capriccio. Nessun’altra società, come la nostra, ha fatto un così prodigioso consumo di questi sciagurati.

(da: I grandi cimiteri sotto la luna)

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20 febbraio 1930 - 28 luglio 2022

PIETRO CITATI

Lord Jim non ha cognome. Forse sarebbe troppo per lui: un residuo della realtà, a cui non appartiene. Quando lo incontriamo nei mari del Sud, ha meno di ventiquattro anni: è bello di viso, ha l’aria schietta, un sorriso senza artificio, serietà giovanile, occhi malinconici, o uno sguardo fisso da sotto in su che fa pensare a un toro mentre carica. In qualsiasi luogo si trovi, perfino nelle condizioni più abbiette, è vestito di bianco immacolato dalle scarpe al cappello, come dovesse fingere una innocenza che non possiede. In Inghilterra, ha un padre pastore, che possiede una «sicura conoscenza dell’Inconoscibile»; e una «immutata fiducia nella Provvidenza e nell’ordine costituito dell’universo».

(da: La malattia dell'infinito)

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21 febbraio 1903 - 25 ottobre 1976

RAYMOND QUENEAU

Macchiffastapuzza, si chiese Gabriel, arcistufo. Impossibile, mai che si puliscano. Sul giornale c’è scritto che a Parigi non c’è nemmeno l’undici per cento di appartamenti col bagno, non c’è da meravigliarsi, ma ci si può lavare anche senza. Tutti questi che mi stan d’attorno, però, devo dire che mica fanno di gran sforzi. D’altra parte, perché dovrebb’essere una selezione fra i più lerci di Parigi? Non c’è motivo. È il caso. È assurdo supporre che la gente che sta aspettando alla Gare d’Austerlitz puzzi più di quella che aspetta alla Gare de Lyon. No, via, non ci sarebbe proprio motivo. Però, dico: ma che odore.

(da: Zazie nel metró)

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21 febbraio 1968

IVAN COTRONEO

Quella sera di fine settembre del 1973, mentre i negozi su corso Umberto tiravano giù le saracinesche e i primi autobus vuoti cominciavano a dirigersi di corsa al deposito Posillipo, Rosaria saliva in fretta le scale di Sant’Agostino alla Zecca. Peppino, accanto a lei, le dava la mano con una specie di fiducia incosciente, come se dopo quei gradini si aspettasse di essere condotto chissà dove. Rosaria sentiva quella presa, le piccole dita che si aggrappavano alle sue, e capiva anche quello che le stavano dicendo.

(da: La kryptnonite nella borsa)

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24 febbraio 1966

ALAIN MABANCKOU

 

Quando il magistrato di sorveglianza ha disposto la mia detenzione provvisoria, la mia mente ha registrato soltanto il termine «provvisoria», perché mi lasciava intravedere uno spiraglio, mentre alla parola «detenzione» associavo l’immagine di una pesante porta metallica sprangata dall’esterno. I mesi passavano, gli interrogatori si susseguivano, e a volte gli inquirenti mi trascinavano sul luogo del delitto per ricostruire la scena. Mi mostravano anche foto di persone che non avevo mai visto in vita mia. 

(da: Zitto e muori)

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25 febbraio 1948

ALDO BUSI

A volte, mosso più da un morboso doppio fine che non da semplice pietà, per tentare di tirare dentro gli uomini che non parlano gli facevo una domanda cauta, del tutto obliqua e di non impegnativa risposta tipo «Oggi scatta l’ora legale?» o «Ti hanno fatto la derattizzazione quelli del Comune?», alla quale reagivano mettendo in fila un paio di parole di circostanza che perfezionava l’assoluto silenzio in cui riprecipitavano, e ero subito rimesso al mio posto di diavoletto chiamato a polverizzare i troppi angeli che passavano sulla compagnia.

(da: Le consapevolezze ultime)

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26 febbraio 1802 - 22 maggio 1885

VICTOR HUGO

La fogna è la coscienza della città. Tutto vi converge e vi si confronta. In questo luogo livido vi sono tenebre ma non vi sono più segreti. Ogni cosa ha la sua vera forma, o almeno la sua forma definitiva. Il mucchio di immondizie ha questo di bene: non è menzognero. Il candore si è rifugiato qui. Qui si trova anche la maschera di Basilio, ma se ne vede il cartone, e le cordicelle, e l’interno come l’esterno, ed è accentuata da un onesto fango. Le sta accanto il naso falso di Scapino. Tutte le sconcezze della civiltà, una volta fuori servizio, cadono in questa fossa di verità in cui finisce l’immenso smottamento sociale, vi si inabissano ma vi si sciorinano. Questo miscuglio è una confessione.

(da: I miserabili)

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26 febbraio 1956

MICHEL HOUELLEBECQ

All’epoca l’oppressione legale era meno assoluta, c’era ancora qualche buco tra le maglie della rete, ma ero anche più giovane, speravo di poter restare nei confini della legalità, credevo ancora nella giustizia del mio paese, confidavo nel carattere complessivamente benefico delle sue leggi, non avevo ancora acquisito quella destrezza da guerrillero che in seguito mi avrebbe permesso di trattare con indifferenza i rilevatori di fumo: svitato il cappellotto del dispositivo, due bei colpi di pinza per disattivare il circuito elettrico dell’allarme e non se ne parla più.

(da: Serotonina)

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28 febbraio 1928 - 9 agosto 1984

WALTER TEVIS

Dopo tre chilometri di cammino arrivò a una città. Prima dell’abitato c’era un cartello: HANEYVILLE, e sotto: 1400 ab. Andava benissimo, gli occorreva proprio una cittadina di quella grandezza. Era mattino, e ancora presto. Aveva scelto quell’ora per la sua camminata in modo da approfittare del fresco. Non c’era ancora nessuno per la strada. Nella luce incerta, proseguì ancora per parecchi isolati, disorientato dall’ambiente estraneo. Si sentiva teso e un po’ spaventato. Cercò di distrarre la mente da quello che si accingeva a fare: ci aveva già pensato abbastanza.

(da: L'uomo che cadde sulla terra)

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2 febbraio 1955

MO YAN

Premio Nobel per la letteratura 2012

Sulle sbarre erano saldate da tempo immemorabile delle placche rotonde con i caratteri rossi ormai sbiaditi dello slogan «Celebriamo il primo maggio e applichiamo la sicurezza sul lavoro». La scena era illuminata da una brillante luce autunnale che faceva splendere tutto come nuovo. Il cielo sereno aggiungeva una pennellata d’azzurro che contrastava col nero della miniera, circondata da un muro grigio ad altezza d’uomo che si dipanava con le movenze della coda di un drago seguendo gli avvallamenti del terreno. Accanto al grande cancello ce n’era un altro piú piccolo, dietro al quale stava un grosso cane lupo steso pigramente, con una libellula che gli volteggiava sul muso simile a una foglia secca.

(da: Il paese dell'alcol)

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3 febbraio 1926 - 7 novembre 1992

RICHARD YATES

Del nuovo ragazzo era stato detto a Miss Price soltanto che aveva passato gran parte dei suoi anni in un orfanotrofio, e che gli «zii» piuttosto anziani con cui viveva ora erano in realtà genitori adottivi, pagati dall’ente pubblico di assistenza della città di New York. Un’insegnante meno appassionata e con minor fantasia avrebbe cercato di sapere qualcosa di più, ma Miss Price si accontentò. Era bastato quel rapido profilo a suscitare in lei uno spirito missionario che cominciò a trasparirle dagli occhi, chiaro come l’amore, fin dalla prima mattina in cui il ragazzo si presentò in classe.

(da: Undici solitudini)

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4 febbraio 1900 - 11 aprile 1977

JACQUES PREVÉRT

I RAGAZZI CHE SI AMANO

I ragazzi che si amano si baciano
In piedi contro le porte della notte
I passanti che passano se li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
E se qualcosa trema nella notte
Non sono loro ma la loro ombra
Per far rabbia ai passanti?
Per far rabbia disprezzo invidia riso
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Sono altrove lontano più lontano della notte
Più in alto del giorno
Nella luce accecante del loro primo amore.

(da: Poesie d'amore)

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5 febbraio 1956

ANDREA VITALI

 

Il 22 dicembre 1949 il messo comunale Vitaliano Ottomini impiegò quasi tutta la mattina per consegnare certe buste.

Erano cinque in tutto, cosa da poco, ma l’Ottomini era esperto nel prolungare a dismisura qualsivoglia incarico, così da poter abbandonare la sua scrivania e farvi ritorno giusto in tempo per staccare e andare a pranzo.

Le buste contenevano gli avvisi di convocazione per i componenti della giunta amministrativa, invitati a riunirsi per il giorno 24, alle ore diciannove.

(da: Gli ultimi passi del sindacone)

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6 febbraio 1886 - 17 giugno 1907

SERGIO CORAZZINI

La gabbia

Ben salda era di grétole e di staggi
la gabbia, a primavera, se di fuori
benigno sole offriva a’ bei canori
pennuti la dolcezza di suoi raggi;

5ma poi che nostalgia di viaggi
tenne i cari a Leonardo cantori,
fuggiron via pei cieli ampi e sonori,
desiosi di più limpidi maggi.

Or fatta muta de’ suoi canti onde era
10superba, come di sue corde, lira,
la gabbia triste e pur fidente sta:

come l’anima mia che più non spera
e continuamente si martira
in un desio di giocondità.

(da: Poesie)

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7 febbraio 1812 - 9 giugno 1870

CHARLES DICKENS

Il primo raggio di luce che illumina la tenebra, e converte in abbagliante fulgore quell’oscurità in cui la primeva storia del pubblico affermarsi dell’immortale Pickwick parrebbe essere involta, discende dalla disamina della seguente rubricazione negli Atti del Circolo Pickwick, che il curatore di questi incartamenti ha il sommo piacere di presentare ai suoi lettori, come prova della diligente attenzione, indefessa assiduità, e fine perspicacia, con cui la sua ricerca in mezzo alla molteplicità dei documenti affidatigli è stata condotta.

(da: Il Circolo Pickwick)

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7 febbraio 1959

NICOLETTA VALLORANI

Il sapore è lo stesso. Il sapore dentro la bocca e nella testa: di sangue, come dopo aver scannato una gallina, e di penne bollite. Eppure quelle che gli entrano in bocca, scivolando sulla pelle delle guance, nei canali delle rughe, sono gocce di sudore soltanto.

Un caldo da morire stecchiti solo a respirare l’aria dell’alba. Si colora di azzurro dentro il fumo di una sigaretta, per lui la terza in un’ora. La luce del sole si fa in mille pezzi passando attraverso il vetro della finestra, che ha una spaccatura nel mezzo, e mosche morte spiaccicate qua e là, in intimità con i cadaveri delle zanzare.

Ancora nessun rumore, nella periferia di Roma, di Ferragosto, al mattino presto.

Solo, fa caldo.

(da: Dentro la notte, e ciao)

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8 febbraio 1906 - 13 ottobre 1995

HENRY ROTH

E così, quando ricevetti la lettera scritta da mia madre e imbucata da mio padre, stavo leggendo Ritratto di signora, e fu tra le sue pagine che feci scivolare la busta e quell’unico foglio scribacchiato con parole che si leggevano a stento. Al ritorno dal funerale, e nelle settimane successive, lessi e rilessi quella lettera tanto spesso che finii per danneggiare la legatura del libro. Nel mio dolore e nella mia confusione, promisi a me stesso che non avrei mai fatto violenza alla vita umana, né a quella degli altri né alla mia.

(da: Lasciar andare)

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11 febbraio 1933

MARIA JATOSTI

 

Hanno assassinato Amilcar Cabral. Lo dice la televisione, ma sono di là, in cucina, e forse non ho capito bene. Invece è proprio di lui che parlano. L’hanno assassinato come tanti altri, come toccherà ad altri dopo di lui e in ogni luogo. E soltanto così qualcuno si accorgerà di lui, che era così lontano. Ne parleranno, scriveranno, necrologi, piangiate, certo. E magari stamperanno i poster e te li ritroverai dappertutto, nelle case degli intellettuali di sinistra e di ultrasinistra, nei cortei e alle vetrine dei negozi, in galleria. Ma Amilcar Cabral non era nemmeno bello come il Che. Era un omino piccolo e nero dagli occhi vivacissimi, ansiosi, composto e gentile. 

(da: Tutto d'un fiato)

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13 febbraio 1903 - 4 settembre 1989

GEORGES SIMENON

Sarebbe un peccato non solo per me, ma anche per lei, perché sto per rivelarle una cosa che lei sospetta, una cosa che lei non vuole ammettere e che la tormenta in segreto, una cosa di cui sono certo, io che ho più esperienza di lei da quando sono passato dall’altra parte: lei ha paura.Lei ha paura proprio di quello che è capitato a me. Ha paura di se stesso, di una certa vertigine che potrebbe coglierla, paura di una nausea che sente crescere in sé, lenta e inesorabile come una malattia.
Siamo quasi uguali, signor giudice.
E allora, se io ho avuto il coraggio di andare fino in fondo, perché lei non dovrebbe avere quello di capirmi?

(da: Lettera al mio giudice)

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16 febbraio 1944

RICHARD FORD

Se c’erano due persone sulla terra dalle quali nessuno si sarebbe mai aspettato che potessero rapinare una banca, quelle erano i nostri genitori. Non avevano nulla di strano, e ovviamente non erano dei criminali. Nessuno avrebbe pensato che fossero destinati a fare la fine che fecero. Erano persone normali: anche se, naturalmente, questo modo di pensare perse tutta la sua validità nel momento in cui fecero la rapina in banca.

(da: Canada)

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2 febbraio 1885 - 17 agosto 1974

ALDO PALAZZESCHI

Quante volte ho udito questo nome: guerra. Pena, Rete, Lama, parlavano sempre di guerre, e io mi figuravo che gli uomini corressero nudi alla guerra, che si liberassero anche dei calzari perché i loro passi fossero agili e silenziosi come quelli d’un leopardo, leggeri da balzare nell’aria, lanci inattesi e furtivi, per insinuarsi, nascondersi, sottrarsi... li vedevo carpire ali agli uccelli da usare quale arma. Acciaio... ferro... piombo... E non cadono schiacciati sotto tanto peso? Come possono velocemente aggredire il nemico, e aggrediti sottrarsi con velocità? E vedevo dei campi bollati di sangue vermiglio, quasi che quegli uomini se ne fossero liberati per correre più leggeri a gridare la loro vittoria. Ora vedo la guerra un’enorme minestra grigia, scodellata con lento, sordo frastuono, e rimasta lì... immangiabile.

(da: Il codice di Perelà)

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18 febbraio 1933 - 21 gennaio 2012

VINCENZO CONSOLO

 

Rosalia. Rosa e lia. Rosa che ha inebriato, rosa che ha confuso, rosa che ha sventato, rosa che ha róso, il mio cervello s’è mangiato. Rosa che non è rosa, rosa che è datura, gelsomino, bàlico e viola; rosa che è pomelia, magnolia, zàgara e cardenia. Poi il tramonto, al vespero, quando nel cielo appare la sfera d’opalina, e l’aere sfervora, cala misericordia di frescura e la brezza del mare valica il cancello del giardino, scorre fra colonnette e palme del chiostro in clausura, coglie, coinvolge, spande odorosi fiati, olezzi distillati, balsami grommosi. Rosa che punto m’ha, ahi!, con la sua spina velenosa in su nel cuore.

(da: Retablo)

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19 febbraio 1963

LAURELL K. HAMILTON

Jason Schuyler, uno dei miei migliori amici e uno dei miei licantropi preferiti, era in cucina, immerso nel sole mattutino. I suoi capelli biondi scintillavano, ed era come se un’aureola gli circondasse il bel viso da ragazzino. Mentre lo guardavo negli occhi di un azzurro puro, però, sapevo che avrebbe preferito delle corna da diavolo, e che «puro» poteva descrivere il colore delle sue iridi, non certo lui come persona. Era stato un adolescente molto precoce, e ora di giorno era vicedirettore al Guilty Pleasures, dove lavorava anche come danzatore esotico.

(da: Jason)

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20 febbraio 1912 - 30 gennaio 1994

PIERRE BOULLE

 

Jinn e Phyllis stavano passando delle meravigliose vacanze nello spazio, il più lontano possibile dagli astri abitati.

In quel tempo i viaggi interplanetari erano all’ordine del giorno, gli spostamenti intersiderali per nulla eccezionali. I razzi trasportavano turisti verso le prodigiose plaghe di Sirio, o finanzieri verso le famose Borse di Arturo e di Aldebaran. Ma Jinn e Phyllis, una coppia di ricchi sfaccendati, si distinguevano nel cosmo per la loro originalità e per un certo pizzico di poesia. Gironzolavano attraverso l’universo per diporto, con la vela.

La loro navicella era una specie di pallone che, avendo come involucro esterno una vela straordinariamente fine e leggera, si spostava nello spazio spinto dall’energia dei raggi luminosi. 

(da: Il pianeta delle scimmie)

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20 febbraio 1943

FRANCO CORDELLI

Ci si può ribellare contro la propria madre, si possono uccidere i rivali, si possono rubare gli amori degli altri, si può tradire ogni amore ma – distolse lo sguardo – libertà è condizione di figlio, i genitori sono solo custodi dei figli che hanno generato. Che cosa dopotutto smaschera l’anima – che ci divide, ci separa? Tutto è inadeguato; la fraternità o l’uguaglianza piú subdolamente ch’ogni altra faccenda. Le lacerazioni, le rotture, le divisioni sono provocate dall’anima – se la lasciamo quassú, nuda e sola. La malattia stessa del resto è tutto un simulare, recitare una parte, dare spettacolo. Lo sapevi? lo avevi sospettato? Parlava ancora con me, che sono sua figlia e che, questo è il mio uffizio, debbo dire di lui – o di noi – o di tutti.

(da: Una sostanza sottile)

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21 febbraio 1956

ERALDO AFFINATI

 

Il vento in faccia sul ponte della Magliana. Honda Transalp. Grande Raccordo Anulare. Via della Pisana. Al cancello d’entrata una voce grida: «Professore!». È Petrit, l’ho visto un paio di volte l’anno scorso, nella sede principale della scuola dove insegno: mi ha riconosciuto subito. Frequenta la terza superiore, sezione operatori meccanici. Oggi entrano soltanto le prime classi. Lui sta aspettando l’autobus diretto in centro. Ci diamo appuntamento per l’indomani. Sono le otto. Non è arrivato ancora nessuno. Mi avvio verso la scuola chiusa. Annuso gli odori. I viali profumano d’erba. 

(da: La città dei ragazzi)

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22 febbrraio 1960

PIERO DEGLI ANTONI

Le si spalancò davanti la vista del cortile, uno di quei cortili nascosti che sono tra le meraviglie segrete di Milano. Osservò la piccola selva di rampicanti che si avviticchiava lungo i pilastri fino all’ultimo piano, e poi i ficus rigogliosi, persino una piccola palma che, nonostante il clima apparentemente ostile della Pianura Padana, cresceva prospera. Sul patio si affacciavano, ai quattro lati, le case di ringhiera, un tempo abitazioni popolari che erano state ristrutturate, mantenendo però le caratteristiche originali. Oltre le ringhiere dei ballatoi erano tesi metri e metri di fili del bucato, pieni di panni stesi ad asciugare.

(da: Ti porterò nel buio)

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25 febbraio 1898 - 12 marzo 1994

FAUSTA CIALENTE

 

«Quattro figlie!» sembra avesse esclamato il padre, impensierito e lieto per quella nuova bambina. «Non possiamo abituarle con cocchiere e cavalli che aspettano al portone!» e quand’ella sospirava ridendo sull’ignoranza della persona che si era chiamata Ettore Schmitz, ricordando quegli avvenimenti sospirava pure: «Ecco, quando nacqui io fu come se cominciasse una lunga quaresima!»

(da: Le quattro ragazze Wieselberger)

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25 febbraio 1961

CAMILLA BARESANI

ALL’INIZIO non sai nulla ma devi fingere di sapere. Poi, per anni e anni, forse per tutta la vita, continui a non sapere abbastanza, ovviamente senza ammetterlo.

La verità è che senza mentire è impossibile farsi strada.

Ognuno di noi aggiunge, omette, evidenzia circostanze particolari della propria esistenza, creandone così una che è molto diversa da quella reale ma sembra vera a chi gli dà credito.

Non solo: spesso, a crederci più di ogni altro è chi racconta la propria vita semi-inventata. Non c’è nulla come affermare cento volte le stesse storie ed esperienze false o ingigantite, per iniziare a sentirle reali.

(da: Gli sbafatori)

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26 febbraio 1905 - 24 febbraio 1941

ROBERT BYRON

Baalbek è il trionfo della pietra, una magnificenza lapidaria il cui linguaggio, ancora visivo, riduce New York a una dimora di formiche. È una pietra color pesca, striata di oro rossiccio così come le colonne di St Martin-in-the-Fields sono striate di fuliggine. Ha la consistenza del marmo, senza trasparenza ma con una lieve velatura, come quella delle prugne. L'ora ideale per vederla è l'alba: lo sguardo sale lungo le sei colonne, i cui fusti di pesca e d'oro splendono con la stessa luminosità dell'aria cerulea, e perfino i basamenti privi di colonne hanno un'identità vivente, baciata dal sole, sullo sfondo delle profondità violette del firmamento.

(da: La via per l'Oxiana)

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27 febbraio 1902 - 20 dicembre 1968

JOHN STEINBECK

Sulle terre rosse e su una parte delle terre grigie dell’Oklahoma le ultime piogge furono leggere, e non lasciarono traccia sui terreni arati. Le lame passarono e ripassarono spianando i solchi piovani. Le ultime piogge fecero rialzare in fretta il mais e sparsero colonie di gramigna e ortiche ai lati delle strade, tanto che le terre grigie e le terre rosso-scure cominciarono a sparire sotto una coltre verde. Nell’ultima parte di maggio il cielo si fece pallido, e scomparvero le nuvole che in primavera avevano indugiato così a lungo con i loro alti pennacchi. 

(da: Furore)

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28 febbraio 1965

COLUM McCANN

Quelli che lo videro ammutolirono. Su Church Street. Liberty. Cortlandt. West Street. Fulton. Vesey. Un silenzio intento ad ascoltarsi, solenne e bellissimo. Alcuni in un primo momento pensarono a un’illusione ottica, a un effetto atmosferico o a un calare dell’ombra. Altri lo presero per il classico scherzo metropolitano: si sta impalati con il naso per aria finché non si raduna un gruppetto di curiosi che sollevano la testa a loro volta, annuiscono, confermano, e alla fine si trovano a osservare il nulla assoluto, come in attesa della fine di una gag di Lenny Bruce. 

(da: Questo bacio vada al mondo intero)

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