La nostra selezione
LA MUMMIA DI LENIN
Ezio Mauro
Il mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa è più di un sepolcro: è il cuore pulsante di un’epopea che ha plasmato il Ventesimo secolo. Qui, nella fissità del granito rosso, si conserva il corpo imbalsamato dell’uomo che dirottò la storia e fece della rivoluzione un’idea eterna. Ma cosa accade quando il tempo si compie e l’ideologia che lo ha reso icona si dissolve? Lenin non è solo un leader, è un enigma che attraversa le epoche, sopravvive alla caduta dell’Urss e riemerge come simbolo nell’odierna Russia di Putin. Dalla sua ascesa alla guida dell’insurrezione bolscevica alla malattia che ne segnò il declino, questo libro ricostruisce il mistero del corpo che non può essere seppellito, della memoria che non può essere cancellata. Perché la sua morte – temuta, nascosta, proibita – è anche il sigillo su un potere che ha sempre avuto bisogno della sua presenza per legittimarsi. Seguendo Lenin attraverso le sue stanze segrete, i suoi viaggi e i documenti inaccessibili per un secolo, il racconto svela i retroscena della sua imbalsamazione, affidata a uno scienziato riluttante, e il significato di un esperimento politico che ha sfidato la natura stessa della storia. Con uno sguardo lucido e una scrittura avvincente, l’autore offre una riflessione sulla Russia di ieri e di oggi, sulle sue continuità e sulle sue fratture, e su un corpo che continua a inquietare il presente.
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NON C'È POSTO PER L'AMORE, QUI
Yaroslav Trofinov
Kharkiv, 1930, Debora Rosenbaum, diciassettenne ambiziosa e innamorata della letteratura, arriva nella capitale della nuova Repubblica socialista sovietica ucraina per costruire il proprio destino come donna moderna. Finalmente sembra arrivato il futuro, le vecchie e stantie tradizioni sono superate, anche la religione ebraica della famiglia non è più una questione importante; è il mondo nuovo, un altro inizio, l’era sovietica, in cui i grattacieli spuntano da un giorno all’altro e il paese si avvia verso la prosperità socialista. In breve tempo, Debora trova lavoro e conosce un giovane e affascinante ufficiale di nome Samuel, che si sta addestrando per diventare pilota di caccia. Le cose, tra alti e bassi, sembrano mettersi bene per lei, che riesce anche a realizzare il suo sogno di iscriversi all’Università. Ma le prospettive di Debora – e dell’Ucraina – si offuscano rapidamente. La carestia indotta dallo Stato sovietico devasta le campagne, causando milioni di vittime e incredibili sofferenze; inoltre, anche l’iniziale libertà concessa dalla Russia alle altre repubbliche è ormai alle spalle e ogni deviazione dall’ideologia dettata da Mosca è punita severamente. Lo scoppio della seconda guerra mondiale non fa che peggiorare la situazione e i campi gialli di grano dell’Ucraina si tingono del rosso del sangue. Nel mezzo di questa tragedia Debora è costretta a imparare a mentire, a dissimulare e anche a tradire pur di proteggere se stessa e chi ama. Non c’è posto per l’amore, qui è un romanzo epico di amore e di guerra con una protagonista straordinaria e indimenticabile. “Uno sguardo implacabile su quel che costa sopravvivere in circostanze terribili.” - The Times
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PIÙ UNO
Ernesto Maria Ruffini
In un’epoca caratterizzata da incertezza e crisi sociale, è sempre più necessaria una politica che torni a essere collettiva e partecipativa. Attraverso un resoconto tra storia, aneddoti personali e riflessioni da uomo delle istituzioni, Ernesto Maria Ruffini ci invita a riscoprire il valore della democrazia come strumento di crescita comune. La politica va vissuta non come terreno di divisioni ma come spazio per il dialogo, per la collaborazione tra individui che possano fare la differenza. Solo così la “lentezza” e la complessità della macchina democratica possono contrapporsi ai rischi del populismo e dell’individualismo. Più uno è un invito all’azione, un richiamo all’importanza di fare il primo passo verso un impegno sociale condiviso. Solo rimettendosi al centro del discorso pubblico il cittadino può tornare protagonista della politica.
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IL TRUFFATORE
Francesco Casolo
Quando Fabio Montari e Angelo Cantuzzi si incontrano, il primo è un giovane banker in carriera appena lasciato dalla moglie e l’altro un anziano imprenditore che ha guadagnato una fortuna, ma che non riesce a perdonarsi di non aver saputo proteggere la sua famiglia da un dramma avvenuto anni prima. Fabio è spregiudicato, si occupa degli investimenti di persone molto note in città, spesso eredi nullafacenti di patrimoni che in quella piccola provincia del Nord Italia si tramandano dalla notte dei tempi. Gli chiedono di aiutarli a non perdere i loro privilegi, ma lui è assetato di riscatto e comincia a truffarli. All’inizio sono poche migliaia di euro, quasi soltanto un dispetto, ma ben presto diventa una febbre. Rubare è fin troppo facile: una colazione in campagna, una firma su un modulo... Possibile che in banca nessuno se ne accorga? Intanto, Fabio e Angelo diventano amici, sodali: il vecchio vede nel giovane il figlio perduto, il giovane vede nel vecchio il padre che ha sempre cercato. Ognuno, però, si nasconde all’altro: Fabio non può confessargli di essere un ladro, Angelo esita a confidargli il proprio lutto. Ma la vita corre veloce e, quando Angelo sente di avere i giorni contati, è a Fabio che affida ciò che gli resta di più caro: una moglie ormai anziana e una figlia segnata dal dolore, incapace di cavarsela da sola. Un azzardo che porterà al più terribile dei tradimenti. Dopo il successo di "La salita dei giganti", Francesco Casolo – partendo dalla lezione del “non deridere, non compiangere, non condannare, ma comprendere” –si cala nella mente di un truffatore e scrive un romanzo teso e attualissimo, liberamente ispirato a fatti di cronaca, che mette in luce le falle del sistema bancario e insinua subdola una domanda: di chi possiamo davvero fidarci?
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UN'ASPIRAZIONE AL FUORI
Geoffroy De Lagasnerie
Tre amici, tre intellettuali – i sociologi Didier Eribon e Geoffroy de Lagasnerie, e lo scrittore Édouard Louis – da oltre un decennio hanno sviluppato una relazione profonda, il cui nome è ancora tutto da inventare. Giorno dopo giorno i tre trovano un modo nuovo per condividere le idee e il mondo, caratterizzato da riti, luoghi, temporalità e connessioni culturali e sociali. 3, dunque, diventa un titolo che è anche una rivendicazione. Anzi, un’aspirazione al fuori: il racconto e la teoria di un rapporto militante che contrappone la curiosità, l’apertura e la creatività dell’amicizia alle chiusure di ogni familismo. Chiamando in causa Cicerone, Montaigne, Bourdieu e Barthes, ma anche Patti Smith e Sophie Calle, il libro interroga la scelta di non avere figli e i tempi che l’esistenza domestica impone agli individui, e tesse l’elogio dei luoghi pubblici, affollati e d’intimità condivisa, del «fuori» contro la sterilità di ogni «dentro» casalingo. Tra saggio autobiografico, pamphlet e trattato, 3 ci invita a riscoprire e reclamare affetti e incontri che la società tende a tarpare e sminuire, e a cui non sa, o non vuole, riconoscere diritti, provocandoci a ripensare la vita attraverso le coordinate intellettuali di un’utopia concreta e vissuta quotidianamente.
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IL VOLO DI FRANCESCA
Giorgia Marzano, Carlo Rovelli, Massimo Tirelli, Francesca Zanini
Sono gli anni ribelli della giovinezza di una generazione che vuole esplorare tutto e rifiuta ogni imposizione di normalità. Cosa succede quando Francesca entra in una crisi esistenziale e si ritrova in un reparto psichiatrico?
Una storia d’amore bruciante, una storia di generosità e amicizia che non ammette discussione, un affetto profondo che porta a un coraggio sconsiderato. Affetti e ideali politici si intrecciano. Animati da un senso di giustizia assoluto, insofferenti alle regole, credendo in un mondo migliore, Carlo, Massimo, Giorgia e Francesca attraversano dolore, incertezza, sconforto, ma non hanno paura e non si tirano indietro davanti a quella che il mondo chiama follia.
Sullo sfondo del mondo in rapido cambiamento culturale degli anni settanta, dove tutti i ruoli e le certezze vengono messi in discussione, e dove la legge Basaglia ha appena permesso di aprire le porte dei manicomi, si dipana questa testimonianza intima di una breve e intensa avventura, che lascerà un segno profondo su di loro e la loro profonda amicizia.
La voce di Francesca da ragazza, attiva nel movimento politico e femminista, è una straordinaria testimonianza dall’interno e in prima persona di un percorso al di là di quella che è chiamata normalità. Ci offre uno sguardo di saggezza e un insegnamento prezioso, oggi forse più che mai, sull’umanità e sul valore che anima ogni diversità, anche la più radicale.
"Ricordo una passeggiata nel bosco senza parlare troppo, tenendoci per mano, senza altro dire, con la leggerezza del tempo senza tempo e dell’aria fresca, e la consapevolezza che avremmo potuto cominciare a pensare al futuro. Ognuno quel futuro che riusciva a vedere, comunque futuro."
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IL GRANDE BOB
Georges Simenon
«Negli ultimi tempi aveva un modo particolare di guardarsi allo specchio dietro le bottiglie. Quando un uomo come lui comincia a scrutarsi negli specchi, mi creda, non è un buon segno». Una riflessione, questa del padrone del bistrot dove il suo amico Bob, morto da pochi giorni, andava a giocare a carte, che colpisce profondamente il dottor Charles Coindreau. Non appena ha saputo che quella di Bob non è stata una morte accidentale, come sulle prime si credeva, bensì un suicidio, ha deciso di condurre una sorta di indagine, e di interrogare chiunque l’abbia conosciuto, a cominciare dalla moglie e dall’ultima delle numerose amanti. Perché lui, come tutti, ma più di tutti gli altri, si arrovella sul motivo che ha indotto a togliersi la vita uno come Bob: sempre allegro, e allegramente sfaccendato, sempre pronto alla battuta, gran giocatore di belote e gran consumatore di «bianchini» a qualunque ora del giorno – non per caso lo avevano soprannominato il Grande Bob. Nella casa di Montmartre dove abitava insieme alla sua polposa, esuberante, forse un po’ volgare ma radiosa moglie Lulu, la porta era sempre aperta, e vi si potevano incontrare persone di ogni estrazione sociale, e «ognuno era libero di comportarsi o di parlare a suo piacimento, con la certezza di non scandalizzare nessuno». Così come nessuno si scandalizzava del fatto che Lulu accettasse i tradimenti di Bob: le bastava che lui fosse felice. Scavando nel passato dell’amico, immergendosi nei lati oscuri di un uomo che a tutti sembrava l’immagine stessa della gioia di vivere, e persino, a volte, sovrapponendosi a lui, Coindreau finirà per scoprire la verità sulla morte di Bob – ma soprattutto qualcosa su sé stesso.
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PRENDERSI TUTTO
Anna Folli
Sognatore, donnaiolo, esule, lavapiatti, armatore, greco, turco, marito infedele, amante generoso. Uno tra gli uomini più ricchi del mondo. Chi fu Aristotele Onassis? Nei suoi quasi settant’anni di vita costruì un impero, comprò un’isola, strinse amicizia con alcuni degli uomini più potenti del mondo, Churchill su tutti, inventò Montecarlo, fece cadere ai suoi piedi, lui non bello, donne dal fascino straordinario. Ma vide anche il suo futuro ridotto in cenere nel drammatico incendio di Smirne, si reinventò la vita salpando, solo e senza un soldo, per l’Argentina, soffrì per la sua Grecia dilaniata dalla Seconda guerra mondiale, sopravvisse a un figlio amatissimo, conobbe l’apice del successo e l’abisso della solitudine di tutti gli uomini unici.
Aristotele Onassis ebbe molte vite, tutte vissute pienamente, e desideri infiniti, nessuno dei quali rimase un sogno astratto, perché tutti diventarono progetti da realizzare, soldi e potere da accumulare. Amò, amato a sua volta: la divina Callas, alla quale lo legò sempre un sentimento tenero e insieme furibondo, e Jackie, l’imperscrutabile e algida regina da mostrare come un trofeo, furono solo due delle molte donne a cui ghermì il cuore. Onassis della vita voleva prendersi tutto. E sicuramente ci riuscì. Anche se il prezzo da pagare in cambio fu molto, forse troppo alto. Anna Folli dipinge in ogni sua sfumatura il ritratto di Aristotele Onassis, in questa tragedia classica il cui eroe è immortale eppure irrimediabilmente umano. Il romanzo di una vita eccezionale.
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LA FIGLIA DI LUI
Chiara Marchelli
Livia ha quarant’anni, è italiana, e vive a New York. Lavora come editor e traduttrice quando incontra Arno, americano, analista informatico, un uomo pacato e brillante: i due più che conoscersi si riconoscono, e presto fanno coppia. Ma, come spesso avviene dopo una certa età, c’è un passato con cui fare i conti. Arno ha infatti alle spalle un matrimonio e un divorzio, una ex moglie e soprattutto una figlia di cinque anni, Emma. A Livia i bambini non sono mai interessati, tuttavia sulle prime non le dispiace che lui sia padre, quasi aggiungesse alla sensualità una specie di calore. In breve, però, le è chiaro che quello con Arno non potrà mai essere solo un rapporto a due. Da subito la figlia erode con i suoi bisogni e i suoi capricci, a volte semplicemente con la sua presenza, lo spazio emotivo della coppia. Emma tratta Livia come un’intrusa, mentre Livia non riesce a vedere in Emma la bambina che è. Con il passare del tempo finiscono a viversi come rivali, avversarie. La diffidenza tra loro si acuisce finché un incidente porta in superficie la corrente elettrica di un legame a tre mai dichiarato. "La figlia di lui" è una storia di quotidianità minima esplosiva: Chiara Marchelli indaga con asciutta eleganza e sguardo intimo la complessità dei legami contemporanei, scrivendo un romanzo che racconta un’esperienza comune – vissuta in prima persona o nel racconto di amiche, amici, parenti – ma che non aveva ancora trovato rappresentazione compiuta. Qui ustionante e potentissima.
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NELLA MIA VITA MANCO IO
Natalia De Barbaro
La mia paziente si era laureata in legge perché i suoi genitori avevano voluto così. Era andata a lavorare in una grande azienda perché gli stipendi erano buoni. Aveva dipinto le pareti del salotto con colori alla moda. “Perché niente è come dovrebbe essere?” mi ha chiesto per prima cosa. E dopo due incontri: “Come posso essere felice se in tutto questo manco io?”.
Anche nel mondo occidentale, nonostante la libertà che almeno all'apparenza regola le nostre vite, noi donne continuiamo ad autoimporci ruoli dannosi che ci impediscono di essere noi stesse. Siamo davvero riuscite a liberarci dai vincoli fissati da secoli di patriarcato?
Lavoriamo fino allo sfinimento e pretendiamo sempre di più da noi stesse. Mettiamo le richieste degli altri (famiglia, lavoro, società) sempre davanti ai nostri bisogni e ai nostri sogni. Ci neghiamo tempo per noi sentendoci in colpa quando non soddisfiamo le richieste altrui. Perché?
Dalla voce prestigiosa della psicologa, coach ed editorialista Natalia de Barbaro arriva un testo intellettualmente onesto, brutalmente commovente, lucido e poetico sul viaggio che una donna intraprende per conoscere se stessa. Una lettura per tutte noi che abbiamo troppi obblighi, che sentiamo che potrebbe esserci più gioia nella nostra vita e che cerchiamo risposte alle domande più necessarie: Che cosa voglio veramente? Quali sono i miei sogni più intimi?
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IL SELVAGGIO
Guillermo Arriaga
Pagine potenti in cui risuonano echi di Herman Melville e Jack London, ma anche di Shakespeare, Faulkner, Rulfo, Nietzsche e Jimi Hendrix. Arriaga si conferma uno degli scrittori più intensi e originali della letteratura contemporanea.
Messico profondo, fine degli anni Sessanta. Fin dalla primissima infanzia, Juan Guillermo sa cosa è accaduto prima che nascesse: il suo fratellino gemello è morto durante la gravidanza, e solo un cesareo d'urgenza e molte trasfusioni hanno permesso a lui di sopravvivere. Con l'ombra della morte sulle spalle e litri di sangue altrui nelle vene, Juan Guillermo cresce giocando con il fratello maggiore Carlos tra i tetti della città. Fino a che Carlos viene ucciso e anche i genitori muoiono: e a lui non resta che cercare una vendetta per tutto questo dolore. Ma i giovani estremisti religiosi responsabili della morte di Carlos sono feroci, armati fino ai denti e godono di protezioni illustri...
Solo un amore immenso e struggente potrà salvare Juan Guillermo dalla spirale di morte in cui la vita sembra trascinarlo. In parallelo corre la vicenda di Amaruq, un ragazzo il cui destino si lega in modo indissolubile a quello di un lupo nei boschi ghiacciati dello Yukon. Le due linee narrative di questo romanzo sfolgorante di storie, di pathos, di violenza e tenerezza, di avventure e del febbrile entusiasmo di raccontarle, si uniscono nel nome di Colmillo, l'animale fiero e indomito, lo spirito che vibra dentro di noi quando non ci lasciamo assoggettare: il Selvaggio.
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YOGA
Emmanuel Carrère
La vita che Emmanuel Carrère racconta, questa volta, è proprio la sua: trascorsa, in gran parte, a combattere contro quella che gli antichi chiamavano melanconia. C’è stato un momento in cui lo scrittore credeva di aver sconfitto i suoi demoni, di aver raggiunto «uno stato di meraviglia e serenità»; allora ha deciso di buttare giù un libretto «arguto e accattivante» sulle discipline che pratica da anni: lo yoga, la meditazione, il tai chi. Solo che quei demoni erano ancora in agguato, e quando meno se l’aspettava gli sono piombati addosso: e non sono bastati i farmaci, ci sono volute quattordici sedute di elettroshock per farlo uscire da quello che era stato diagnosticato come «disturbo bipolare di tipo II». Questo non è dunque il libretto «arguto e accattivante» sullo yoga che Carrère intendeva offrirci: è molto di più. Vi si parla, certo, di che cos’è lo yoga e di come lo si pratica, e di un seminario di meditazione «Vipassana» che non era consentito abbandonare, e che lui abbandona senza esitazioni dopo aver appreso la morte di un amico nell’attentato a «Charlie Hebdo»; ma anche di una relazione erotica intensissima e dei mesi terribili trascorsi al Sainte-Anne, l’ospedale psichiatrico di Parigi; del sorriso di Martha Argerich mentre suona la polacca «Eroica» di Chopin e di un soggiorno a Leros insieme ad alcuni ragazzi fuggiti dall’Afghanistan; di un’americana la cui sorella schizofrenica è scomparsa nel nulla e di come lui abbia smesso di battere a macchina con un solo dito – per finire, del suo lento ritorno alla vita, alla scrittura, all’amore. Ancora una volta Emmanuel Carrère riesce ad ammaliarci, con la «favolosa fluidità» della sua prosa («Le Monde») e con quel tono amichevole, quasi fraterno, che è soltanto suo, di raccontarsi quasi che si rivolgesse, personalmente, a ciascuno dei suoi lettori.
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DIALOGO INTORNO ALLA REPUBBLICA
Bobbio Viroli
Il dialogo tra il filosofo e lo studioso venuto a intervistarlo è un vademecum per l’uomo contemporaneo. Alberto Papuzzi, “La Stampa”Una conversazione lucida e sincera fra due studiosi diversi per età e formazione, uniti dalla passione civile e dalla preoccupazione per il futuro della nostra Repubblica. Bobbio e Viroli discutono di grandi temi politici – l’amore della patria, la libertà, la corruzione, i diritti e i doveri – e si pongono domande difficili sulla fede religiosa, sul significato della vita e della storia e sulle ragioni e i limiti dell’etica laica.
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LE PERFEZIONI
Vincenzo Latronico
Tutti vorrebbero la vita di Anna e Tom. Un lavoro creativo senza troppi vincoli; un appartamento a Berlino luminoso e pieno di piante; una passione per il cibo e la politica progressista; una relazione aperta alla sperimentazione sessuale, alle serate che finiscono la mattina tardi. Una quotidianità limpida e seducente come una timeline di fotografie scattate con cura.
Ma fuori campo cresce un'insoddisfazione profonda quanto difficile da mettere a fuoco.
Il lavoro diventa ripetitivo. Gli amici tornano in patria. Il tentativo di impegno politico si spegne in uno slancio generico. Gli anni passano. E in quella vita così simile a un'immagine – perfetta nel colore e nella composizione, ma piatta, limitata – Anna e Tom si sentono in trappola, tormentati dal bisogno di trovare qualcosa di più vero. Ma esiste?
Vincenzo Latronico torna alla narrativa con una storia lucida e amara di sogni e disillusioni, una parabola sulle nostre vite assediate dalle immagini dei social media e sulla ricerca di un'autenticità sempre più fragile e rara.
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LA ROMA DI PASOLINI
Dario Portuale
Pasolini e Roma si incontrano il 28 gennaio 1950 sui binari della stazione Termini. Da allora inizia con la città un rapporto lungo e tormentato, destinato a lasciare tracce profonde in tutta la produzione artistica del poeta. Per la prima volta, raccolti in volume e ordinati per lemmi, troverete i film, le raccolte poetiche e i romanzi, così come i bar e i ristoranti frequentati con gli amici di sempre, i quartieri prediletti e le immancabili borgate dove si muovono i "ragazzi di vita" descritti nelle sue opere. Dalla "A" di Accattone, girato nel quartiere Pigneto, alla "V" di Valle Giulia, teatro degli scontri fra studenti e polizia, una guida ragionata sulle tracce di Pier Paolo Pasolini, figlio elettivo di questa "stupenda e misera città".
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IL RICHIAMO DELLA MONTAGNA
Matteo Righetto
Silvaticus significa appartenente alla selva, alla foresta, e si contrappone a domesticus. È una voce, un richiamo profondo che si manifesta talvolta in brivido di piacere, oppure smarrimento o, addirittura, estasi, misticismo, esperienza sublime e spirituale. È questa l’idea di “selvatico” che Matteo Righetto pone al centro delle sue riflessioni: il richiamo che ognuno di noi sente per un tempo in cui gli uomini non erano addomesticati e non avevano ancora sottomesso e domato la Terra. Come vivevano un tempo le persone in questi luoghi solo in apparenza inospitali? E come possiamo tornare a instaurare con la natura dei monti, e lo spirito che vi abita, un rapporto di reciproco beneficio e non più di sfruttamento? "Il richiamo della montagna" non è semplicemente una narrazione della natura, ma una celebrazione della simbiosi tra l’uomo e l’ambiente. La rivoluzione culturale più profonda, radicalmente ecologista, deve affondare le radici nella spiritualità della montagna, ovvero della natura tutta, e Righetto, con lo stile di una prosa filosofica, ci sprona a ritrovare la nostra umanità, ad ascoltare il richiamo della natura e a riconoscere il valore inestimabile dell’esperienza del camminare e dell’immergersi nei paesaggi montani. "Il richiamo della montagna" è un libro che ogni amante della montagna e della natura dovrebbe leggere e custodire come un tesoro prezioso. La rivoluzione culturale più profonda, quella genuinamente ecologista, deve affondare le radici nella spiritualità della montagna.
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QUEER
William S. Burroughs
In una sterminata suburra, che Burroughs avrebbe poi definito «Interzona», e che qui va da Città del Messico, capitale mondiale del delitto («il cielo di quella speciale sfumatura d’azzurro che si intona tanto bene con gli avvoltoi volteggianti»), a Panama, Lee, alter ego dello scrittore, tesse la sua amorosa tela intorno a Allerton, un giovane ambiguo, indifferente come un animale. Si aggira in locali sempre più sordidi, bazzicati da una fauna putrescente, e così divagando, picaro alieno, ci regala schegge del suo nerissimo humour. Con questo romanzo, che risale agli inizi degli anni Cinquanta – e che viene qui presentato in una nuova edizione condotta sui manoscritti originali –, affiora per la prima volta il paesaggio allucinato che oggi ormai porta il nome di Burroughs.
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ZIA MAME
Patrick Dennis
«“Zia Mame” ha molto in comune con le eroine letterarie che l'hanno preceduta, e cioè le protagoniste di “Gli uomini preferiscono le bionde”, “Via col vento” e “Un tram che si chiama desiderio”. La sua linguaccia se la batte con quella di Lorelei Lee, e quanto a manipolare maschi Scarlett O'Hara le fa un baffo: se ci si mette, poi, Mame può snocciolare più psicologia freudiana di quella che Blanche DuBois raccatterebbe in un anno di psicoterapia. Ma zia Mame ha qualcosa che alle tre suddette, intense signore invece manca, e che le conferisce una grazia di ordine superiore: un feroce senso dell'umorismo, che non risparmia niente e nessuno».
ROSALIND RUSSELL
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IL PERICOLO DI ESSERE SANA DI MENTE
Rosa Montero
Esiste un legame tra il processo creativo e l’instabilità mentale? I grandi geni sono più predisposti a soffrire? «Proprio di questo parla il libro che avete fra le mani. Del rapporto tra la creatività e una certa stravaganza. Dell’eventualità che la creazione abbia qualcosa a che fare con l’allucinazione. O della possibilità che essere un artista ti renda più incline allo squilibrio mentale, come si è sospettato dall’inizio dei tempi». Attingendo alla sua esperienza personale e alla lettura di numerosi libri di psicologia, neuroscienze, letteratura e memorie di grandi autori di diverse discipline, Rosa Montero ci offre uno studio appassionante sul legame tra arte e follia. E lo fa condividendo numerose e sorprendenti curiosità sul funzionamento del nostro cervello quando creiamo, scomponendo ed esaminando a uno a uno tutti gli aspetti che influenzano questo strambo processo, come un detective pronto a risolverei pezzi sparsi di un’indagine. Il pericolo di essere sana di mente riflette in modo scanzonato e intelligente su cosa vuol dire essere un artista, cosa c’è dietro alla nascita dell’ispirazione, e soprattutto sul prezzo da pagare per convivere con l’esplosione della creatività, perché «l’opera si aggira sempre intorno a te, così come si aggira la follia. La questione è sapere chi finirà per vincere».
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RECONDITA ARMONIA
Riccardo Muti
«Il pensiero occidentale - nelle sue espressioni filosofiche e in quelle letterarie - ha dedicato numerose riflessioni alla musica. Severino Boezio, nel suo De institutione musica, dice che la musica è parte di noi, e nobilita o degrada il nostro comportamento. Nietzsche, 1500 anni dopo, nel Crepuscolo degli idoli, dice che senza la musica la vita sarebbe un errore. Il cardinale Gianfranco Ravasi, tempo fa, mi ha ricordato una magnifica esortazione di Cassiodoro: "Se noi uomini continueremo a commettere ingiustizie, Dio ci punirà togliendoci la musica".» Questo libro è un un atto d'amore verso la musica e ribadisce con forza la funzione civile che potrebbe assolvere se non riguardasse solo un'élite di intenditori ma fosse un bene che appartiene a tutti. Un bene al quale dovremmo essere educati adeguatamente nel nostro percorso scolastico, con le bambine e i bambini sollecitati a giocarvi fin da piccoli e accompagnati a muoversi consapevolmente nella magica foresta dei suoni. Per trasmettere tale immenso valore, al contempo estetico e civile, in queste pagine Riccardo Muti rivela in modo accessibile a chiunque alcuni aspetti fondamentali del suo modo di interpretare la musica, spaziando tra la musica sinfonica e l'opera, fino alla musica sacra, procedendo per ispirazioni e accostamenti inattesi, raccontando con uno stile unico, talvolta dissacrante, tanti aneddoti ed episodi della sua inimitabile carriera. Nel vasto oceano della storia della musica, il Maestro si sofferma, per tutti i lettori e in particolare per il pubblico più giovane, su alcuni autori fondamentali che vengono approfonditi grazie anche alla presenza di tanti QR Code che rimandano a video con prove d'orchestra e presentazioni al piano.
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SPETTRI
Monica Maggioni
«Sono rimasti inchiodati a lungo nella mia mente, ognuno nella sua vicenda. Pezzi di storia che ci siamo voluti lasciare alle spalle per illuderci che si possa fare finta di niente. Poi un giorno, un giorno di ottobre, in cui il corso delle cose si è spezzato, me li sono trovati di fronte. Tutti in fila.»
Il 7 ottobre 2023 è un doloroso risveglio per l’Occidente. La ferocia dell’attacco di Hamas a Israele riporta in primo piano, nelle agende del mondo, la causa palestinese e i suoi spettri. Li avevamo rimossi e loro sono tornati.
Nella consapevolezza che la storia, e i suoi protagonisti più ambigui, tornano sempre a presentarci il conto delle scelte e degli errori compiuti, Monica Maggioni riscrive le storie interrotte di cui non parliamo e che minacciano il nostro futuro e la nostra idea di sicurezza.
Dal capo spirituale di Hamas alla giovane italiana trascinata nel gorgo dell’Isis, dall’addestratore di kamikaze Tawalbe, al neonazista americano Kreis, al fanatico antimusulmano Breivik; da Occidente a Oriente, riappaiono i volti degli incubi che attraversano la contemporaneità. La verità è che la storia non ammette scorciatoie e in ogni suo anfratto, rimasto in ombra per convenienza o pavidità, trovano dimora gli spettri: persone che hanno creato una frattura, tracciato un segno. Il mondo magari li ha sconfitti, in alcuni casi uccisi, altrimenti sorpassati e dimenticati, ma la loro eredità si è radicata, ha sfruttato il tempo per crescere sottotraccia.
Maggioni, che ha coperto per oltre vent’anni i principali conflitti mondiali, nel corso della sua carriera ha incrociato molti personaggi destinati a trasformarsi in “spettri”. Li ha incontrati, li ha guardati negli occhi e adesso, voltandosi a ripercorrere i loro e i propri passi, ricostruisce il sentiero tortuoso che ci ha portati fin qui, dove l’equilibrio su cui credevamo di poterci poggiare si è infranto.
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PARADISE GARDEN
Elena Fischer
Billie ha quattordici anni e vive con la madre in un caseggiato di periferia, una piccola città colorata di cinque stabili disposti a semicerchio. Ogni mattina Marika, sua madre, esce dall’edificio dipinto di giallo e va a fare le pulizie in un grande cubo di vetro, pieno di gente in completi costosi che la guarda come si guarda un carrello o una pianta.
Il loro appartamento è in cima al palazzo, al piano che dà sull’autostrada vicina. È così piccolo che d’estate Marika piazza due sedie sul ballatoio per prendere il fresco. Difficile vivere in un posto simile, vero? Sì, ma in quel caseggiato Billie è la ragazza più felice del mondo. Chi ha, infatti, una madre che la sera lavora come cameriera in un bar del centro indossando una maglietta tempestata di paillettes, jeans attillatissimi e stivali da cowboy? Una madre con cui poter sguazzare a piedi nudi nelle pozzanghere quando piove e tuffarsi da una piattaforma di dieci metri? Una madre, infine, con cui condividere sogni e speranze? Chi ha poi amici come Ahmed, il vicino che profuma di sapone e di tabacco da narghilè e ha le ciglia più lunghe di tutti nel caseggiato? O come Luna, che lavora al solarium, possiede infradito di tutti i colori dell’universo e sogna di sposare un uomo che le paghi i debiti? Basta accogliere con gioia quello che si ha: ecco quello che ha imparato Billie nella piccola città colorata di periferia.
Un giorno, però, arriva dall’Ungheria la nonna, e la vita povera ma gioiosa di madre e figlia diventa un ricordo del passato. Dolore e lutto irrompono nell’esistenza di Billie. E ciò che prima non era contemplato, il sentimento della mancanza, affiora per la prima volta con ferocia. Billie decide che è giunto il momento di fare i conti con la figura assente da sempre nella sua vita: il padre mai conosciuto. Con una parrucca azzurra in testa, una fotografia in mano e gli stivali da cowboy di sua madre, parte alla sua ricerca.
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MONDO NUOVO
Massimo Osanna
«Questo è un libro di storie. Riguarda vicende di alcune antiche genti che hanno vissuto nel I millennio a.C. nei territori della Magna Grecia. È una storia di mobilità e incontri, perché per tutti, Greci e Italici, la rete di connessioni e il rapporto con gli altri sono stati la cifra esistenziale più rilevante della vita quotidiana.» È questo il «mondo nuovo» che dà il titolo al saggio di Massimo Osanna: un paesaggio dell'incontro che solo l'archeologia può aiutarci a riscoprire, restituendo voce a oggetti e strutture di per sé muti, raccontando chi li ha realizzati, usati, trasformati in memoria o distrutti. Reperti «capaci di narrare le storie di uomini e di popoli che in questa terra si sono incontrati, affrontati, amalgamati in un processo dinamico e senza soluzione di continuità». Attraverso un viaggio in parchi archeologici e musei più o meno noti del nostro Meridione (da Sibari a Taranto, da Metaponto a Paestum, passando per Crotone, Venosa, Caulonia), Osanna illumina il rapporto tra Greci e non Greci, mai univoco né scontato; ridefinisce l'idea stessa della «colonizzazione» per come la immaginiamo comunemente, spostando l'accento sui fenomeni di ibridazione che in Magna Grecia sono stati frequenti e articolati. Un lavoro avvincente sulla memoria degli oggetti (materialità dei contatti), dei luoghi (i paesaggi dell'intreccio), sulla memoria dei morti (quello che le tombe ci dicono), perché l'archeologia è fondamentale per ricostruire le storie non raccontate dalla Storia (il rumore di fondo dei frammenti, «vivo» e «parlante»).
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PRAGA, POESIA CHE SCOMPARE
Milan Kundera
L’invasione russa della Cecoslovacchia nel 1968 non ha solo conculcato i diritti umani, la democrazia, la giustizia: ha ridotto a «un foglio di carta in fiamme / dove scompare la poesia» – scriveva Kundera nel 1980 citando l’amato Nezval – una «grande cultura». Una cultura unica, che la «capitale magica d’Europa» ha forgiato lungo i secoli, e che ha conosciuto l’apogeo con Kafka, Hašek e Janaček, artefici dei «tre pannelli del quadro dell’inferno futuro»: «labirinto burocratico», «idiozia militare», «disperazione concentrazionaria». Tracciare il ritratto di Praga significava allora, per Kundera, riportare alla luce un’Atlantide inabissata, salvare una visione del mondo renitente a «identificarsi con la Storia» e a «cogliere nei suoi spettacoli serietà e senso». Ma noi lettori non potremo fare a meno, oggi, di riconoscere in quel ritratto, attraversato da un fremito di commossa nostalgia, un autoritratto, che rivela, meglio di qualunque saggio critico, la «genealogia segreta» da cui scaturisce l’opera di Kundera. Dentro al suo laboratorio ci conduce anche «Ottantanove parole», un dizionario personale nato nel 1985 dall’esigenza, per lui che ancora scriveva in ceco ma pensava ormai a come ogni frase sarebbe suonata in francese, di chiarire al nuovo pubblico le «parole chiave», le «parole trabocchetto», le «parole d’amore» attorno alle quali erano costruiti i suoi romanzi – e tuttora essenziale per chi li ami e voglia conoscerli meglio.
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JACOMO TINTORETTO E I SUOI FIGLI
Melania G. Mazzucco
Jacomo Tintoretto disegnava i protagonisti dei suoi enormi teleri un personaggio alla volta, sulla carta azzurra, con il carboncino: «non era interessato tanto all'anatomia, come un medico, quanto al gesto (e al suo effetto sul pubblico), come un regista e un attore. Perché una delle prime regole che gli avevano insegnato, o che aveva subito imparato da sé, è che la pittura deve "muovere" - dunque emozionare, turbare, coinvolgere. Poi, quando aveva trovato il gesto, trasferiva il personaggio sulla tela. Non "trascriveva" la pittura copiandola dalla natura o dall'arte, ma la "scriveva" come da un'immagine della mente, intravista in sogno, trovandola nel suo farsi - e solo nel farla la vedeva». Pittore immenso, artista inquieto e geniale, uomo dalla vita piena di chiaroscuri quanto le sue opere - colto e popolare, libero e devoto, eccentrico e spregiudicato -, Tintoretto emerge dalle pagine di Melania Mazzucco come i suoi personaggi affiorano dall'ombra dei suoi immensi teleri sparsi nelle chiese di Venezia o nei quadri appesi nei musei di tutto il mondo: enigmatico, umano, complesso, guizzante di vita, figlio del suo tempo eppure modernissimo regista di corpi, di luci, di emozioni. Jacomo Tintoretto & i suoi figli, che qui si presenta in una nuova edizione, è uno degli oggetti letterari piú affascinanti e originali della produzione italiana degli ultimi anni: accuratissima e fedele biografia, la prima importante apparsa in Italia del pittore veneto, precipitato di una raccolta di materiali durata piú di dieci anni, grandioso affresco storico brulicante di personaggi - Tintoretto ovviamente, ma anche i figli, il padre, la moglie e tanti altri -, ritratto di una città, Venezia, fin nelle sue rughe piú intime, narrazione che ricorre a stili e registri diversi per raggiungere il suo obiettivo: erigere un monumento al «piú terribile cervello che abbia avuto mai la pittura».
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LE COSE
George Perec
Una giovane coppia parigina, Jérôme e Sylvie, fresca di studi universitari, vive in un mondo dove impera l'abbondanza consumistica. Di quanto i negozi di scarpe e di dischi, i salumieri e gli antiquari offrono di meglio, sanno apprezzare la finezza, il sapore, l'eccellenza. Hanno i gusti della borghesia raffinata, ma per mancanza di denaro sono sempre respinti verso il loro status sociale: "sempre un pochino troppo in giù". La loro non è solo una ricerca di elevazione sociale, essi chiedono alle cose di operare in loro, per forza e magia, una metamorfosi: cercano di avere per essere. Sono due personaggi singolari ma allo stesso tempo comuni. Sono vittime di un consumismo che sembra innescare solo frustrazioni, frenesie e tensioni; ma Perec li racconta senza sarcasmo, con umorismo e distaccata ironia, perché rimane consapevole della forza estetica, emozionale, perfino erotica, che l'universo degli oggetti sa produrre su ognuno di noi. Prefazione di Andrea Canobbio.
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IL DUCA
Matteo Melchiorre
Un paese di montagna, un'antica villa con troppe stanze, l'ultimo erede di un casato ormai estinto, lo scontro al calor bianco tra due uomini che non sembrano avere nulla in comune... Quanto siamo fedeli all'idea di noi stessi che abbiamo ricevuto in sorte? L'ultimo erede di una dinastia decaduta, i Cimamonte, si è ritirato a vivere nella villa da sempre appartenuta alla sua famiglia. La tenuta giganteggia su Vallorgàna, un piccolo e isolato paese di montagna. L'ultimo dei Cimamonte è un giovane uomo solitario che in paese chiamano scherzosamente «il Duca». Sospeso tra l'incredibile potere del luogo, il carico dei lavori manuali e le vecchie carte di famiglia si ritrova via via in una quiete paradossale, dorata, fuori dal tempo. Finché un giorno bussa alla sua porta Nelso, appena sceso dalla montagna. È lui a portargli la notizia: nei boschi della Val Fonda gli stanno rubando seicento quintali di legname. Inaspettatamente, risvegliato dalla smania del possesso, il sangue dei Cimamonte prende a ribollire. Un romanzo classico eppure nuovissimo, epico e politico, torrenziale e filosofico, che ci interroga a ogni riga sulla libertà delle scelte e la forza irresistibile del passato.
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L'ARTE DEL ROMANZO
Milan Kundera
In sette testi relativamente indipendenti ma collegati come altrettante tappe di un singolo saggio, Kundera ci parla di quella creatura singolare, imprevedibile, grandiosa e delicata che è il romanzo europeo («arte nata come eco della risata di Dio»). Il suo discorso scavalca con sicurezza ogni pretesa di rigido inquadramento teorico e si dedica invece a un’analisi amorosa di ciò che il romanzo, creatura polimorfa, diventa nelle mani di scrittori così diversi come Kafka e Cervantes, Broch e Tolstoj, Gombrowicz e Flaubert, Diderot e Musil, Rabelais e Sterne – e infine Kundera: perché qui si troveranno i due testi dove Kundera ha detto l’essenziale per chi vuole accedere al segreto dei suoi romanzi. Anche come saggista, Kundera ha il dono stupefacente della trasparenza: le questioni più intricate appaiono nelle sue parole con una nettezza e un’evidenza tali da farci pensare che le stiamo vedendo per la prima volta. E l’aspetto di confessione, da parte di Kundera, sull’arte che oggi egli conosce più di ogni altro, dà a questo libro una pulsazione ulteriore, per noi preziosa: «Devo sottolineare che non ho la minima ambizione di fare della teoria e che tutto il libro non è altro che la “confessione di uno che fa della pratica”? L’opera di ogni romanziere contiene implicitamente una visione della storia del romanzo, un’idea di cos’è il romanzo; ed è proprio quest’idea, insita nei miei romanzi, che ho cercato di far parlare».
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DELLA GENTILEZZA E DEL CORAGGIO
Gianrico Carofiglio
La parola più importante della nostra lingua è gentilezza. Che non c’entra nulla con le buone maniere, né con l’essere mite. L’uomo civile cui si riferiscono queste pagine non è l’eterno sconfitto, non rifiuta il conflitto. Lo accetta, invece, come parte inevitabile e proficua della complessità e della convivenza. Accetta il conflitto e lo pratica secondo regole, in una dimensione non distruttiva, umana. La gentilezza è una virtù necessaria a trasformare il mondo e a mettere in atto la giustizia. Per questo ha a che fare con il coraggio. Perché il coraggio è una dote del carattere ma anche dell’intelligenza. Consiste nella capacità di entrare in un rapporto razionale ed equilibrato con il pericolo e il rischio, gestendoli nei limiti in cui questo è possibile. In questo senso gentilezza e coraggio sono affini, hanno in comune innanzitutto la percezione dell’altro e della complessità del mondo. Quello su cui le vicende odierne ci portano a riflettere è che bisogna affrontare la vita accettandone l’ignoto, che si tratti di politica o di epidemie. Bisogna affrontare il rischio prendendo tutte le precauzioni sensate ma non quelle insensate, generate da un bisogno immaturo e pericoloso di governare l’ingovernabile, cioè l’incertezza. Non bisogna lasciare che la paura diventi una forza incontrollabile e distruttrice, ma trasformarla in uno strumento per cambiare le cose.
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SENTIRE E CONOSCERE
Antonio Damasio
«Qualsiasi teoria cerchi di spiegare l’esistenza delle menti e della coscienza ignorando il sistema nervoso è destinata al fallimento ... D’altra parte, qualsiasi teoria si appoggi “esclusivamente” sul sistema nervoso ... è destinata a fallire anch’essa». Riprendendo e rielaborando le acquisizioni della sua ricerca sperimentale, Antonio Damasio condensa qui, in un’incalzante esposizione, ogni aspetto dell’«intelligenza biologica» che caratterizza gli organismi viventi. In particolare, analizzando i passaggi evolutivi attraverso i quali si sono via via differenziate le varie forme di quell’intelligenza, delinea in modo inedito la differenza tra «concetti insidiosi» come mente e coscienza, ridimensiona l’incidenza filogenetica del linguaggio – ancora egemone in tante teorie – nell’emergere del processo cosciente, e chiarisce come l’obiettivo di costruire «macchine capaci di sentire» debba seguire la strada di una robotica e di un’intelligenza artificiale capaci di sostituire strutture rigide con altre sempre più flessibili e regolabili. Ma soprattutto, nel rimarcare i «traguardi esclusivi» raggiunti dalla nostra specie, Damasio ci ricorda come i «fondamentali dispositivi» di cui ci siamo serviti non siano che trasformazioni e aggiornamenti di meccanismi già utilizzati da altre forme di vita, in una lunga storia di successi individuali e sociali.
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