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LE AMICHE DEL VENTAGLIO, CAP. XIII, Maria Concetta Distefano

Pagine da scoprire

Fotografia di Tania Cataldo

Lo scampanellio fu corto, quasi accennato. Un suono che si sarebbe perso fra i ronzii della casa se Rossana non lo avesse atteso con ansia da ore. Molto presto Mario le aveva inviato un messaggio per dirle che Pietro sarebbe venuto da lei in tarda mattinata.

- Pietro! - Lo tirò dentro casa per mano come fosse un bambino. - Come sei pallido!

- C’è freddo fuori.

- Togliti il piumino che qui si suda. - Lui eseguì con movimenti lenti e goffi e restò con un braccio intrappolato in una manica. Rossana l’aiutò e gettò il piumino su una sedia. Poi si strinse forte a lui, affondandogli il viso nel petto. - Sei tutto ossa.

- Ho perso peso ultimamente. - Le parlò da sopra i capelli, inalando l’odore del suo shampoo che ricordava così bene. - Usi ancora lo shampoo al sandalo.

- Oh. Faccio ancora tante cose che facevo allora. Tu hai cambiato dopobarba.

- Be’… io non ricordo nemmeno quello che usavo trent’anni fa.

- Vetiver. Un dopobarba al Vetiver.

- Sono venuto a salutare Mario e te.

- Andiamo di là in soggiorno. C’è il forno acceso, ma ho impostato il timer.

- Il timer, certo.

- Quanto, Pietro?

- Chi può dirlo con certezza. Settimane, mesi… giorni. – Pietro sprofondò nel divano e i cuscini di seta color porpora sembrarono inghiottirlo tra le loro pieghe cangianti. Rossana gli si sedette accanto. Gli poggiò di nuovo la testa sul petto, sul maglione di cashmere azzurro che non mitigava la scheletrica magrezza del suo torace. Lacrime silenziose presero a scenderle sul viso e bagnarono la lana.

- Il tuo maglione s’infeltrirà. – Tentò un sorriso.

Pietro la strinse forte a sé. – Non è il caso di piangere, davvero. È il mio destino. E se te lo dico io che vivo da trent’anni nel paese del fado, puoi credermi. - Continuò a parlare da sopra i capelli. Disse: - Ho messo su un ristorante niente male a Lisbona, sai?

- Lo so.

- Mario?

- Anche. Ma l’ho visto di persona un anno fa. La scacchiera. - Sollevò il busto, si appoggiò al divano e gli prese una mano. Senza guardarlo in viso, a voce bassa, quasi un sussurro, gli raccontò del suo viaggio a Lisbona, della sua pazzia di un weekend passato a respirare la sua stessa aria, nella Baixa, ad ascoltare fadi e flamenchi e ammirare azulejos. A struggersi e distruggersi per lui. Ora, ammise, le sembrava folle non aver avuto allora l’ardire di aprire la porta del suo locale per parlargli, abbracciarlo, baciarlo.

- Non volevo che tu mi vedessi vecchia. - Concluse.

- Che spreco, Rossana! Perché abbiamo preso direzioni così diverse? Otros destinos… Così dicono i cartelli per le strade portoghesi per indicare le altre direzioni.

- Otros destinos. - Rossana chiuse gli occhi e ripeté piano: - Otros destinos.

Lui la strinse forte a sé di nuovo, piangendo piano, senza sussulti. - Un giorno ti svegli e capisci. Camole assassine ti rodono dentro mangiandoti cellule, tessuti e pensieri. E non c’è più tempo che per l’addio.

Rimasero in silenzio per un po’. Poi il timer annunciò con un trillo che l’agnello era pronto. Rossana si sfilò dall’abbraccio di Pietro e andò svelta in cucina a spegnere il forno. Tornò in soggiorno. Pietro dormiva. Gli si sdraiò accanto e si strinse affettuosa a lui. Lui ebbe un fremito e si svegliò. Le infilò piano una mano sotto la maglia, le accarezzò i seni e la baciò sulla bocca. Lei sapeva di caffè e sigaretta. Come allora. Lei gli infilò le mani tra i ricci. Aderì al suo corpo e si lasciò amare con lentezza e voluttà, con gesti e movenze mai dimenticati, in un’allegria da naufraghi.

Poi lui si addormentò esausto. Lei prese un plaid di lana beige da un cassetto e lo coprì. Si accoccolò in una poltrona ai suoi piedi, con un altro plaid addosso, e rimase a fissarlo in volto. Poi il sonno vinse anche lei.

©Maria Concetta Distefano

(Tratto dal romanzo: Le amiche del ventaglio)



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