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Immagine del redattoreLibri sul divano dei pigri

DUE VOLTI NELLA FOLLA (2024), Nicoletta Stecconi

Pagine da scoprire

Speeding Train (particolare), Ivo Pannaggi

Senza leggerne il titolo, prima di uscire da casa, avevo afferrato un volume dalla libreria. Apparteneva a mia madre come la maggior parte dei libri che ancora conservavo, unico tesoro ereditato da un passato a singhiozzo.

Ogni volta che ne aprivo uno, cercavo le sue tracce tra le righe, ritrovando con emozione le linguette lasciate agli angoli delle pagine, nei passi che più l’avevano colpita.

Come in un vortice dove tutto gira intorno a un asse centrale, il treno imboccò il tunnel frullando aria nelle vie sotterranee.

Cercando

Errando nel varco spazio-temporale


Quando andiamo al mare mio padre porta la canna e la valigetta da pesca e raggiungiamo sempre spiagge poco affollate.

Mia madre, invece, porta con sé soltanto un libro.

Sistemato l’asciugamano sulla sabbia, con lentezza infila le dita tra le pagine, scegliendo la parola esatta dove si è fermata la sera prima.

Non usa segnalibri lei, è di ferro la sua memoria quando si tratta di letture.

Ogni tanto mi chiama e io lascio i giochi per correre da lei.

So cosa sta per accadere: sta per iniziare la magia.

Con un tono caldo comincia a leggermi un tratto del suo romanzo.

Il tratto che trova divertente o fantasioso, quello che potrebbe affascinare anche me, questo lo vedo già dall’espressione furbetta dei suoi occhi.

Infatti, non sbaglia mai!

Accade che le frasi che va leggendo si trasformino in immagini colorate e, cullata da quelle parole, è facile sognare.

Lì in quella pagina lei crea la sua linguetta personale, una spiegazzata di carta all’angolo che una volta chiuso il libro forma spessore, e lì rimane per sempre.

Poi magari capita che mio padre ci chiama per la presa di un pesce.

La magia però non è perduta, è rimasta solo sospesa in attesa della prossima volta...


Una brusca frenata mi destò, facendomi scivolare il libro dalle mani.

Raccogliendolo, lo osservai per la prima volta.

Il titolo era 1984, l’autore George Orwell, l’immagine in copertina trasmetteva una certa inquietudine.

Strana storia, un brivido mi percorse la schiena.

Il 1984 era il mio anno di nascita.

Forse mia madre l’aveva letto prima di quell’anno.

Io mi apprestavo a leggerlo nel 2024, anno in cui il 1984 era passato da un pezzo, altro secolo persino un millennio diverso, eppure solo quarant’anni prima.

Storia inquietante, alienazione e controllo di un’umanità desolata in un imminente futuro ipotizzato dall’autore nel 1948, anno nel quale era stato scritto, questo lessi sulla copertina.

Metafora di interi sistemi di sopraffazione i quali, sebbene in modo ogni volta diverso, si susseguivano nella storia dell’umanità.

Un passato immutabile che si ripeteva con costanza.

Eternamente attuale.

E il gioco numerologico usato dall’autore ne era la conferma.

1948, 1984.

2024. Forse sto dando i numeri!

(Tratto da: Eva. Le dissolvenze dell'essere)

©Nicoletta Stecconi

 

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