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IL CONTE DI MONTECRISTO, Alexandre Dumas

Di libri e di letture


"Solo chi abbia provato l'estremo dolore è in grado di percepire l'estrema felicità".

Scena dal film "Il Conte di Montecristo", di Robert Vernay, 1943

Quando nella vittima s’insinua lo spirito della Provvidenza, tremino i carnefici, perché alla fine la sua mano colpirà. E questo accade con Edmond Dantès, annientato dall’altrui invidia e gelosia, calunniato e accusato ingiustamente, e ingiustamente condannato da chi, sapendolo innocente, scelse la convenienza alla verità. Solo la speranza salva dalla pazzia, la speranza di ottenere giustizia, un giorno. Ci vorranno quattordici anni prima di respirare aria pura, quattordici anni prima di uscire dal buio soffocante delle segrete. Non per atto di giustizia ma per ingegno e volontà. E arrivato il giorno, non rimane che preparare, con cura meticolosa, un piatto unico ed esclusivo per ogni commensale. Un piatto che va servito freddo. Un piatto ch’è sempre indigesto. Poi, si può rinascere.

Con voi, caro Dumas, non si legge, si sogna! Non so perché, ho avuto l’impressione, leggendo, di intravedervi, in un angolo, a osservarmi con un sorriso canzonatorio, tanto, che l’ironia sfiorava le pagine, le righe, le parole. Anche le più drammatiche. Anche le più crudeli. Assaporavate forse l’effetto che sortivano? Pregustavate forse l’espressione del lettore a conclusione dell’avventura? Ora, non credete sia ora di scostarvi da quel cantuccio? Guardate, laggiù. Una vela bianca, grande come un’ala di gabbiano. Vola leggera nel cielo liquido. La vedete? Lasciate che vi dica, prima di salutarvi: siete un geniaccio, caro Dumas! Un’ultima parola: siete un genio, e lo siete in modo diabolico, perché mi avete tolto sonno e fiato, e solo dopo aver ripreso a respirare, mi sono resa conto di aver vissuto nel vostro romanzo senza accorgermi del tassello* mancante. Quale, chiedete? Suvvia, lo sapete benissimo. Se non ne fossi certa, vi suggerirei un nome. Hugo!

* Mi riferisco alla profondità di Hugo. In Dumas questa profondità manca, e la sua genialità sta proprio qui: non ci si rende conto fin quando non passa la sbronza letteraria. Ci si accorge solo dopo aver penato, riso, pianto, incitato Dantès. E forse Dumas lo sapeva, con quel filo d’ironia costante che si percepisce appena; e ne rideva. Perché bisogna davvero essere diabolici geniacci per arrivare a tanto.

©Librisuldivanodeipigri



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  • Editore: Garzanti Libri (5 maggio 2011)

  • Collana: I grandi libri

  • Lingua: Italiano

  • ISBN-10: 8811379679

  • ISBN-13: 978-8811379676




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