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LA BELLA DI LODI, Alberto Arbasino

Di libri e di letture

Una scena dal film, 1963

Roberta e Franco, “figurine in un paesaggio d’estate padana”.

La Roberta appartiene a quella grassa borghesia lombarda degli anni Sessanta, quelli del boom economico, della liberazione sessuale, quando saliva il benessere e cadevano i tabù.

La Roberta è “biondissima, stupenda di figura”, ha terra e vacche, gambe lunghe e buon appetito. Cura l’azienda agro-casearia di famiglia che rende un mucchio di dané. La bella di Lodi a Milano non si sogna nemmeno di passarci l’inverno, ci va a fare shopping. E va di qua e va di là, fa un saltino sulle montagne svizzere e uno a Parigi, una puntatina a Roma e un voletto a Londra o a Montecarlo. Frequenta gente del suo ambiente in feste che s’afflosciano fra un “Ui ti!” e un “Se ghè!”. Rompe la noia al mare, la Roberta. Ci va con la sua MG rossa. Cammina col foulard in mano, adocchia un

“ragazzaccio italiano brutto/bello dritto/stronzo coi capelli lunghi e le braccia grosse, vestito come viene viene, ma coi suoi jeans chiari e ben stretti da pifferaio, sdraiato al sole che dormicchia o finge di dormicchiare”.

E si sdraia poco distante, sulla sabbia, e quasi s’addormenta anche lei. Chi sarebbe questo strafico col gran pacco? È il Franco che s’è cambiato nome a quindici anni neanche, perché non gli piaceva Italo. È mica un borghese lui. Macché, il Franco è proletario. Una bestia, quasi. Fa il meccanico d’auto. S’avvicina alla Roberta e con la scusa di cercare l’accendino mette le mani nella borsetta. Ma è modo? La Roberta guarda il ragazzaccio e le brucia la voglia. Dai, roba di una notte, roba da calda estate. Poi passa. Forse. Sicché, il Franco-Italo che quando è felice fa dei versi che nell’ambiente della Robi non si son mai sentiti, che è rozzo e ignorante e anche un po’ sozzo, a lei piace tanto. E un uomo in famiglia farebbe comodo. L’ha detto anche la nonna. Quella che “comanda lei”. Tuttavia il meccanico le dà tanti pensieri. Lui non spegne la tv o la radio o la luce, non chiude i rubinetti, mangia a quattro palmenti e presta i vestiti nuovi agli amici, mette via la roba sporca con quella pulita: calze, camicie, persino le mutande (ne ha un cassetto pieno di tutti i colori, compreso il modello leopardato); non vuole andare al cinema e non gli piacciono i dischi dei vecchi musical che lei adora, mentre a lui piace Gianni Morandi, esagerando Tom Jones. Soprattutto non ha il senso della proprietà, difetto massimo che si possa avere in certi ambienti. Come fa, la Roberta, a fidarsi di questo Franco dalle mani leste (non solo in quel senso), a dargli in mano gli affari? Però è bello e ha un pistolone da paura, che a farselo scappare è neanche da pensarci. Certo il Franco non c’ha riguardi in niente, ma la Robi, in fondo, gli vuol bene. Anche se gli manca il senso della proprietà. Eh, beh… Arda lì, Arba, che bel quadretto che ci hai fatto!


©Librisuldivanodeipigri


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  • Editore: Adelphi (16 maggio 2000)

  • Collana: Gli Adelphi

  • Lingua: Italiano

  • ISBN-10: 8845917312

  • ISBN-13: 978-8845917318


P.S. La bella di Lodi, pubblicato nel 1972 è la riscrittura di un racconto apparso su “Il Mondo” nel 1960, da cui Missiroli, nel ’63, ne trasse un film che porta lo stesso titolo.


Film: La bella di Lodi


 

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