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OLTRE LA COSCIENZA, Nicoletta Stecconi

Pagine da scoprire

Eva io, Eva l’altra, quarant'anni, alta, corpo magro, aspetto androgino, pelle chiara, seno piccolo, pancia piatta, gambe lunghe, caviglie sottili, Eva, io davanti a un riflesso, nuda. Specchio.

Sola, anche dentro, immagine in fuga, mi avvicino alla superficie piana e gelida, piccole rughe sul volto, quarant'anni, un fatto innegabile, i segni dell’età hanno iniziato a segnare la pelle, l’unica cosa a non fermarsi mai è lo scorrere del tempo, doloroso orologio biologico che non aspetta. Tic tac.

Dimensione astratta, cerchi concentrici, spirali, il tempo si cancella ma non si ferma, scopro i denti eppure non sorrido, insana inquietudine, vana ricerca di qualcosa d’indefinito, bocca che lambisce lo specchio, baciare quella donna gelida, alito caldo ad appannare la superficie sfiorata, la lingua incontra il duro della mia anima riflessa, un’anima diversa, quella dello specchio, che sono io.

Che è lei.

Eva, io, quarant'anni, un corpo ancora bello, prime rughe, ventre stramaledettamente cavo, seno sterile, capelli rossi, bocca vuota, occhi liquidi, labbra che si scontrano con una superficie ostile, nuda davanti allo specchio, seni appiattiti sul gelo di un’immagine riflessa, sola senza dubbio. Smarrita.

Eva, ora il mio corpo è tutto addosso a un altro, tale e quale, i peli del pube si intrecciano con l’immagine che non nasconde le rughe, né il grembo vuoto, né l’amara solitudine, è un’altra Eva, un’anima diversa, autentica, celata nello specchio, che scava nei bassifondi dell’anima, anima fuori.

Pazza. Spietata. Feroce. Due.

Ora Eva è due, una in carne e ossa e sangue caldo che scorre all'interno di vene bluastre, sotto la pelle trasparente, l’altra intrappolata dietro una lastra gelida che non fa sconti a un’immagine che vorrebbe diversa, ventre pieno, sorriso autentico, sguardo limpido, una pelle scura che copre solchi interni e labbra poggiate su una bocca calda, morbida, che rimanda baci, anziché il gelo di uno specchio impietoso che separa, unisce, i capelli si fanno tentacoli, intrecciandosi, legando due corpi identici all'eccesso, diversi nell'anima.

Quarant'anni. Il bacio saffico con quell'immagine ha qualcosa di autentico.

È qui che mi riconosco, nonostante la perdita, la mancanza, l’assenza, amo la donna oltre lo specchio e lo scontro ravvicinato con una superficie liscia che assorbe il calore del mio corpo è l’abbraccio cercato da sempre. Amore.

Vorrei baciare Michele, ma lui non c’è, bacio la donna che sono io davanti a un riflesso, intrappolata in una lastra di vetro, penitenziario di identità, riapro gli occhi, un’altra Eva, o semplicemente un’anima diversa quella che scorgo, l’anima dello specchio.

Un rumore distoglie i pensieri, le immagini si dissolvono. Michele.

I tentacoli si sciolgono, distacco, un alone umido rimane, il contorno opaco di un corpo sfuma lentamente dal vetro sconfitto, tutto intorno esplode, tutto in frantumi, la stanza muore in un silenzio cupo, cieca solitudine, mi infilo nel letto velocemente.

Battito di ciglia. Ritorno. Niente luce. Nessuno specchio nella stanza.

Mi copro con il lenzuolo fino alla testa simulando il sonno.

Forse era un sogno. E questa è una notte come tante. Notte di luna persa.

D’insonnia folle. Eva, io, quarant’anni.

Eva davanti allo specchio della sua anima.

Eva contro Eva.

Tutto esplode.

Schegge di vetro impazzite lacerano pareti imbottite prive di varchi.


(Tratto da: Eva. Le dissolvenze dell'essere)

©Nicoletta Stecconi

 

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