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UN BAMBINO CHIAMATO MARIANNA, Antonio Tabucchi

Aggiornamento: 7 ago 2023

Pagine d'autore

Ulisse e Polifemo, Alberto Savinio, 1929

«Marianna, dai, prestami il temperìno», dice Anselmo Menichetti legittimato Zanardelli, «mi piace tanto, voglio giocarci anch’io.» Sesto ha un sorriso accondiscendente, si passa una mano fra i capelli rossi, comprensivo e dubbioso. «Ma tuo padre non vuole mica che giochi con me, è venuto a proibirmelo.» E una giornata estiva, i ragazzi scendono verso il fiume con due canne da pesca e Sesto porta in tasca il suo temperìno. Anselmo Menichetti legittimato Zanardelli è alto e bruno, sa fischiare coi diti in bocca, sa dire bonjour e conosce le bestemmie in francese. E linfatico e cordiale e sa tante cose del mondo, perché viene dalla città, e quel paese di sassi proprio non lo sopporta, gli fa venire l’asma. E poi ha dodici anni.

E così scendono al fiume, che ora è un rigagnolo fra i sassi perché è estate: ci sono solo piccoli ghiozzi e qualche rovellina rossastra e affamata che abboccherebbe anche senza esca. La montagna è bianca più di sempre, di una bianchezza estiva, e le sere estive sono calde, piene di moscerini, e un tantino mitiche, come sono mitiche le infanzie nei romanzi. Paolo Fonzio ha smesso di scrivere per cause naturali e riposa sotto una làpide in un elegante cimitero urbano: ma la Storia scorre anche senza la sua penna e se Paolo Fonzio potesse rincorrerla scriverebbe che quell’anno un’eruzione del Vesuvio aveva sepolto centinaia di villaggi ma che gli aiuti governativi solerti e cospicui avevano riportato la calma e la fiducia nelle zone devastate dal terremoto.

«Allora se non mi presti il temperìno ti dico una cosa che non vuoi sapere», dice Anselmo Menichetti legittimato Zanardelli, e squadra di sottecchi il compagno per vedere l’effetto della minaccia.

Sesto ha buttato la lenza con un’esca piccola e segue con gli occhi il sughero che la corrente fa vibrare a pelo d’acqua. Non risponde, forte del suo temperìno e della sua innocenza. Sul fiume c’è un silenzio attraversato da nuvoli spessi di moscerini e zanzare, i denti di Sesto masticano un filo d’erba e gli occhi seguono il sughero che vibra sull’acqua.

«Dài, Marianna, prestami il temperìno, se no ti offendo, rossaccio.» Fischietta ora, quel Sesto testardo. Quando si azzuffa con Anselmo, lo sa, ci rimette sempre. Si picchiano tutte le estati, quando Anselmo viene con suo padre a passare un periodo di vacanze al paese. Arrivano in automobile, perché vengono da lontano, da Firenze; il signor Corrado ha due occhialoni di celluloide e un berretto di panno, e la signora un cappello attaccato alla testa con un velo che le fascia la gola.

«Ecco, allora le tue zie ecco che mestiere fanno, che fanno le prostitute giù in città, che lo ha detto la mamma!» E Anselmo Menichetti legittimato Zanardelli si alza rosso in viso, fa una linguaccia di scherno e gli occhi cattivi, canzonatori. Sesto si lancia a testa bassa. Ma non per ira: per dovere, per raccogliere la sfida. Rotolano sul greto graffiandosi le ginocchia. Il sughero se ne va sulla corrente, la canna scivola nell’acqua, beccheggia, s’impiglia, forza l’erba, la spunta, prende la corsa, supera il sughero e gli fa strada oscillando. E facile per Anselmo Menichetti legittimato Zanardelli avere ragione di quel ragazzino rosso e spigoloso che ha due anni meno di lui; lo immobilizza con le spalle a terra, puntandogli i ginocchi sulle mani in croce, e a pochi centimetri di distanza gli spruzza affannosamente sul viso, col trionfo del vincitore: «Le prostitute, le prostitute, le prostitute!». E poi lo lascia, pago e soddisfatto. Sesto si alza e si ricompone i capelli rossi. Gli sanguina il naso e scende a lavarlo nel fiume. La sua canna ormai è irraggiungibile, perduta, forse fuggendo trascina una piccola rovella affamata che ha abboccato al volo. Piange in silenzio, per non farsi scorgere dal rivàle, e si lava anche gli occhi. E allora Anselmo Menichetti legittimato Zanardelli gli si avvicina alle spalle in punta di piedi, cauto e timoroso. Si inginocchia anche lui, si lava un graffio su una gamba, si rinfresca un occhio malconcio, si pettina con le dita bagnate. «Ti do la mia canna, dai, ti do la mia canna, non piangere.» Ma il bambino chiamato Marianna non lo guarda, guarda lontano sul fiume seguendo la sua canna finché non la inghiottirà la curva, pensa al mestiere delle zie che vivono in città, al temperìno che gli hanno regalato: un temperìno di madreperla verde dove c’è scritto “Hotel Majestic” sopra una corona dorata, che ha una bella lama, e se si preme un bottone ne viene fuori una lametta a torciglione per cavare i tappi.


(Tratto da: Il piccolo naviglio, Antonio Tabucchi)


 

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  • Editore: Feltrinelli (9 ottobre 2013)

  • Collana: Universale economica

  • Lingua: Italiano

  • ISBN-10: 880788285X

  • ISBN-13: 978-8807882852

 

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