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UNA NOBILE FOLLIA, Iginio Ugo Tarchetti

Di libri e di letture


Guerra di Crimea, battaglia della Cernaia (particolare, affresco presso Torre di San Martino della Battaglia)

Francesco Dall’Ongaro, a proposito di Una nobile follia ebbe a scrivere che sarebbero bastati quattro o sei drammi della vita militare come quello di Tarchetti, diffusi nelle caserme e nel popolo, per risvegliare le coscienze e guarire l’Italia dal flagello che divora la vita, gli averi nonché il bene più prezioso: la libertà. Ovviamente l’opera sollevò non poche polemiche per il suo messaggio antimilitarista. Il romanzo, uscito in appendice al giornale “Il Sole” in ventisette puntante, tra il 12 novembre 1866 e il 27 marzo 1867, risultò tanto scomodo che i vertici militari incaricarono, per la loro rivista, il giovane tenente Edmondo De Amicis di comporre alcuni bozzetti militari da contrapporre all’opera di Iginio Ugo Tarchetti. Per nostra fortuna, Una nobile follia è sopravvissuta a polemiche e censure. Il suo messaggio rimane vivo. E vale ora come valeva allora.

È la voce del protagonista, Filippo Sporta, giovane orfano piemontese, che racconta come si diventa soldato.

Trasformarsi, abbrutirsi, ecco la condanna del coscritto, ecco l’ideale del soldato. Quando uno di essi ha vestito la sua divisa, succede raramente che vi si abbandoni senza esitazione, ma succede pure di rado che egli si ostini in una resistenza dolorosa ed inutile. Avviene di lui ciò che avvenne di tutti coloro che lo hanno preceduto. Egli passa per le prove del ridicolo, dell’isolamento, delle persecuzioni; subisce tutte le torture che l’uomo può dare all'uomo; ogni mancanza lievissima viene riferita come una infrazione straordinaria della disciplina; quindi incominciano le punizioni, il carcere, il ritiro, il regime a pane ed acqua, i ferri, i ceppi ai piedi e alle mani; e intanto la volontà si doma, l’ostinazione si piega, e il cuore si indurisce e si frange. Allora egli è vinto, egli si getta nella corrente. I suoi compagni gli dicono: «mentisci», ed egli mente; «abbrutisciti», ed egli si abbrutisce; «rinuncia alla tua volontà», ed egli vi rinuncia.

Il soldato è la prima vittima. La personalità è annullata, la mente annientata. Muore l’uomo e germina il soldato.

Quel giorno in cui gli uomini si piegheranno dinanzi al principio universale ed eterno della libertà individuale; quel giorno in cui verrà risolto il grande quesito della solidarietà delle nazioni, e sarà svelata questa orrenda odissea di oppressioni, di umiliazioni e di lacrime, gli uomini si nasconderanno il volto nelle mani, ed esclameranno: – Noi siamo stati i carnefici dei nostri fratelli, noi abbiamo veduto la grande ingiustizia e l’abbiamo tollerata!

Filippo, chiamato a partecipare alla guerra di Crimea, descrive la battaglia della Cernaia con una forza che scuote profondamente. Vivi passano ove la morte li ha preceduti, presentando uno scenario sinistro e doloroso. Il terreno mostra tracce spaventose di lotta: solchi di ruote, orme di piedi umani e di zampe ferrate di cavalli; pozze di sangue rappreso e scuro, armi e soldati insepolti, cadaveri a brandelli che pendono dai pruni dei dirupi. Mucchi di corpi senza vita di uomini e cavalli. È smarrimento. L’altro è il nemico, non si pensa, non si aspira a vincere ma a salvarsi. I morti cadono su altri corpi privi di vita o agonizzanti. Alcuni soldati rimangono morti in piedi irrigiditi dal gelo della notte. La sciagura è tale da togliere gioia al vincitore che piange lo scempio dettato dalla propria cecità e ferocia. Anche Filippo ucciderà, per legittima difesa. Rivolge gli spari contro un ragazzo, disperato come lui, ma nemico perché indossa la divisa russa. Questi, colpito a morte, giace a terra. Il sangue sgorga e la vita scivola via. Filippo lo soccorre, si lacera i panni per fermare il sangue e salvare la vita del giovane. Prima di esalare l’ultimo respiro, il ragazzo chiede “Perché mi avete ucciso?”. Già, perché? La guerra s’arricchisce di una nuova vittima. La coscienza di Filippo muove verso la rivolta. Ribellarsi, disertare. Abbandona la divisa e indossa gli abiti di un civile, morto fra i morti. Spogliatosi della divisa, si spoglierà anche del nome, e diverrà Vincenzo D. Non basterà. Il senso di colpa, il ricordo vivo delle atrocità della guerra non potranno essere cancellate.

Mi sono sognato che gli uomini avevano le teste calve, dei cranii di piombo, una criniera di leone, e al posto delle unghie avevano degli artigli di aquile... Una grande battaglia si era impegnata su tutti i punti del mare e della terra: non uno di essi era sopravvissuto: sull'ultima linea dell’orizzonte si vedeva una lapide su cui era scritto: Qui giace l’umanità.

Una nobile follia non è solo un romanzo a tema antimilitarista, è un libro politico, di rivolta. E ancora, è un inno alla libertà, all'amicizia, all'amore universale.

©Librisuldivanodeipigri

 

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  • Editore: Createspace Independent Pub (13 dicembre 2012)

  • Lingua: Italiano

  • ISBN-10: 1481248022

  • ISBN-13: 978-1481248020

 

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